Di Fabio Mammone *
Le ultime polemiche derivate dalle censure mosse dallo Stato Vaticano all’Italia relativamente al ddl Zan esauretesi in una asettica presa di posizione, anche da parte del governo, circa la laicità dello Stato preoccupano non poco, atteso che nessuno aveva inteso porre in discussione la piena indipendenza del potere legislativo. Ed, invero, le doverose preoccupazioni manifestate erano limitate al testo dell’articolo 4 del ddl Zan che recita testualmente che: “Sono fatte salve la libera espressione di convincimenti od opinioni nonché le condotte legittime riconducibili al pluralismo delle idee o alla libertà delle scelte, purché non idonee determinare il concreto pericolo del compimento di atti discriminatori o violenti”. Dunque, dal tenore dello scritto si palesa manifesta la violazione del principio di tassativita’ e determinatezza che deve caratterizzare la norma penale. De relato, portare all’approvazione un testo che presenta una contraddizione in fieri ovvero parla di salvezza di espressioni legittime per poi affermare “purché non idonee a determinare il concreto pericolo…” diventa azione imprudente in quanto si consegna alla discrezionalità del giudice qualificare una condotta idonea a consumare il reato di cui all’art. 604 cp. La norma deve indicare con certezza quale sia la condotta censurata. Peraltro, il nostro ordinamento già prevede all’art. 414 c. p. la
punizione di chi istiga alla commissione di un reato. Pertanto, è palese che il fine della integrazione di cui all’articolo 604 cp sia tutt’altro, come si disvela dal tenore dell’art. 7 del ddl Zan che, nonostante, all’art. 4 parli di disabilità, al citato art. 7 elide completamente il concetto di tutela dei disabili a pannaggio esclusivo dell’identità di genere, circostanza che palesa come il fine ultimo del ddl sia quello di rendere muta ogni opinione non in linea e di poter diffondere in tal modo, attraverso il suffragio di una legge, finanche nelle scuole, la cultura gender. Sarebbe stato, al contrario, utile e significativo incidere sulla cultura dei giovani attraverso progetti culturali tesi a diffondere una cultura atta ad esaltare la tutela ed il rispetto della dignità di ogni individuo in quanto persona ed unicum irripetibile, indipendentemente da convinzioni o orientamenti di sorta. È auspicabile, dunque, una netta presa di posizione da parte dei giuristi che non possono e non devono restare inermi dinanzi ad una assoluta artefazione del diritto.
*Avvocato, autore del libro ‘Totalitarismi ideologia e bioetica’, edizioni Ripostes