Le norme che obbligano il giudice a punire con il carcere la diffamazione a mezzo della stampa o della radiotelevisione, aggravata dall’attribuzione di un fatto determinato, sono incostituzionali perché contrastano con la libertà di manifestazione del pensiero, riconosciuta dalla Costituzione e dalla Convenzione europea dei diritti dell’uomo.
La minaccia dell’obbligatoria applicazione del carcere può produrre infatti l’effetto di dissuadere i giornalisti dall’esercizio della loro cruciale funzione di controllo
dell’operato dei pubblici poteri. Resta la detenzione solo per i casi di elevata gravità. Lo ha deciso la Consulta.