Le toghe si sono passate la voce. Hanno l’obiettivo di intervenire sulla riforma della Giustizia, condizionare i percorsi.
Siamo davanti ad interventi non particolarmente decisivi, altri e più profondi dovrebbero essere gli interventi, eppure si è scatenata la difesa dello status quo.
In un articolo su ‘Il Fatto quotidiano’, e non poteva essere diversamente, nel commentare la riforma Cartabia, l’ex magistrato Piercamillo Davigo, quello che ha una strana idea di garantismo, scrive che “l’Unione europea non vuole affatto che i processi finiscano con prescrizione o improcedibilita’, ma vuole che, in caso di colpevolezza, segua la condanna a tale tipo di sanzioni. Pensare che una proposta di riforma, la quale prevede l’improcedibilita’ se nei tempi assegnati non interviene la pronuncia d’appello o quella definitiva, sia la soluzione al problema, e’ sbagliato e significa disattendere le indicazioni della Corte di Giustizia e percio’ esporre l’Italia a procedura di infrazione”.
Il magistrato argomenta, con l’entrata in funzione della Procura europea per Davigo “e’ ragionevole prevedere un aumento di processi in materia di frodi comunitarie o che comunque ledono gli interessi finanziari dell’Unione europea, ma anche questi andranno in fumo. A tacere dei vincoli europei, l’idea di mettere un termine a pena di improcedibilita’ e’ comunque una finta soluzione al problema della durata dei procedimenti”.
Non poteva mancare una riflessione carica di demagogia a corredo delle idea che, per l’ospite del Fatto “fanno la felicita’ dei colpevoli, ma qualcuno dovrebbe pure occuparsi anche degli imputati innocenti e delle vittime”.