Vincenzo De Luca, alla festa dell’Unità di Napoli, ha provato ad indicare una prospettiva nuova per il Pd. Il Governatore ha auspicato una intesa con la parte più riformista dei Cinque Stelle.
“Dobbiamo aprire un percorso con la componente progressista e riformista del M5s e avviare perfino un percorso ambizioso di tendenziale unificazione verso un’unica forza politica, che sia un partito democratico occidentale, un partito riformista vero” ha detto il Governatore.
Per De Luca l’ipotesi Conte “va seguita con grande interesse ma dobbiamo sapere che in Italia non c’è uno spazio politico per due partiti riformisti. Lo spazio di Conte sarebbe, né più né meno, quello del Pd”.
Immaginare di trovare una sponda riformista nei grillini è, però, esercizio complicato, missione quasi impossibile. Un errore strategico.
Il Movimento ha avuto, in una fase storica, il merito di introdurre (almeno in parte) temi nuovi nella politica, ha contribuito ad una azione di rinnovamento di certa politica. Ma, tracciando bilanci, le novità negative
consegnate all’agenda dell’attualità, sono assolutamente maggiori e provocheranno danni anche per i prossimi anni.
I grillini, e De Luca lo sa, hanno involgarito il dibattito politico, esasperato il giustizialismo, sdoganato gli idioti nelle Istituzioni.
Il riformismo per loro è come la Kryptonite per Superman, lo evitano, li indebolisce, smonta la loro narrazione.
Una opzione riformista sarebbe utile al Paese ed andrebbe costruita.
Per farlo è necessario che il Pd, però, cambi rotta. Non serve inseguire i grillini e sarebbe utile fermare Letta nel tentativo di sfondare a sinistra. La corsa del segretario sullo ‘ius soli’, l’incapacità di costruire mediazioni sul Ddl Zan, la tentazione di riproporre misure fondate sull’assistenzialismo, solo per citare gli ultimi errori, stanno snaturando il Nazareno.
Non serve rincorrere ‘gli scappati di casa’, o parlare ad un ‘mondo di sinistra’ che non esiste più nella società ma solo nei ‘salotti sfigati’, serve consegnare al Paese una nuova agenda, parlare della tutela dei nuovi lavori, di un rinnovato welfare per i titolari di partite Iva, di sicurezza e senza lasciare il tema solo alle destre, di legalità che può e deve andare di pari passo con le battaglie del garantismo. Serve accelerare i tempi di decisione della Pubblica Amministrazione, sburocratizzare la macchina statale.
Quando Craxi divenne segretario del Psi, era al mimino storico, non immaginò di recuperare a sinistra. Mandò in archivio la sinistra ideologica e post markisista, parlò ai ceti medi, ai professionisti, cambiò il linguaggio della politica, aprì a nuovi mondi, intercettò nuovi interessi, dialogo’ con La Chiesa e senza mai cedere sulla laicità dello Stato. Costruì, al netto degli errori che pure ci furono, una vero progetto riformista.
Servirebbe, allora, e non sarebbe male partire, come prima cosa, da una operazione verità su quegli anni. Non per abbandonarsi alla nostalgia, ma per costruire basi solide per un nuovo percorso.
Ci sono ferite che la sinistra, quella innovatrice e moderna, non ha rimarginato.
Vincenzo De Luca può farlo a Salerno, dove molte verità sulla stagione socialista sono state cancellate, e può indirizzare il dibattito a livello nazionale.
Il Pd, con il Congresso, dovrebbe avere il coraggio di cambiare nome, di interrogarsi sugli errori degli ultimi venti anni e, soprattutto, dovrebbe riflettere sul mondo moderato che, negli anni, ha scelto Silvio Berlusconi. Dovrebbe capire perché l’Italia che produce, o quella che ha paura del futuro, non si fida più di una proposta vecchia ed ingessata. Non servirà cambiare, per l’ennesima volta un nome, o trovare una sintesi al ribasso fra le correnti.
È il tempo, per chi ambisce alla costruzione di una grande forza riformista e liberale, di inseguire la politica e non le volgarità della demagogia grillina.
Nulla da fare…De Luca si convinca che non troverà dosi sufficienti di rum per trasfomare il Movimento in un babà. Non è li’ la via del futuro.