di Luca Monaco
dai social
La riforma della Giustizia è un pasticcio, fuffa da esibire un po’ “truffaldinamente” all’Europa.
È l’esito, vacuo e disarticolato, di un compromesso al ribasso.
È un arrangiamento, più funzionale a placare le bizze di un sedicente e non richiesto “avvocato del popolo” (tramutatosi nella circostanza in un boia del Diritto e della Giustizia) e a ricompattare il suo movimento che a risolvere e sopprimere inefficienze e brutture di un sistema da troppo tempo in cortocircuito.
Fin dal cambio di inquilino a via Arenula ho temuto, in antitesi con il diffuso entusiasmo di coloro che confidavano nella svolta, che la indiscussa competenza e i buoni propositi del Ministro Cartabia rischiavano di schiantarsi contro le farraginose dinamiche della politica politicante e di un Parlamento pavido e a maggioranza populista.
Intanto, tra un Orlando (non ce ne dimentichiamo…) e un Bonafede e a furia di ripeterci successivamente che “di più non si poteva fare” per azzerarne gli errori, ci allontaniamo dalla cultura liberale del diritto penale e ci adagiamo pericolosamente verso una concezione etica dello Stato