Di Massimo Ricciuti
E’ sotto gli occhi di tutti. Potrebbe essere la fine del mondo. Siamo entrati in una nuova “era politica, sociale, culturale e economica”. Le singole categorie politiche e teoretiche attraverso le quali siamo stati abituati a guardare e interpretare la realtà sono andate. Hanno perso di senso. E’ questione, mi si perdoni il termine, di semantica. Ma anche di semiotica. Ovvero è messo in discussione il significato ma pure il segno con il quale si esprimono in modo collettivamente intellegibile. Dal fenomeno più strettamente legato alla cronaca spicciola della competizione elettorale (che alle amministrative tocca vertici di macroscopica grettezza) fino a grandi questioni geopolitiche (Afghanistan) e biopolitiche (la pandemia). Non si riesce più a trovare una narrazione capace di interpretare cosa realmente stia accadendo. Siamo letteralmente in ritardo sulla contemporaneità. E con la nostra vita. Con i nostri bisogni e con i nostri desideri. Cerchiamo affannosamente la parola giusta… ma balbettiamo insistentemente e inutilmente. Annaspiamo per cercare aria nuova per necessità ancestrali. Universali. Ultra-globali. Rileggerei “Morfologia della Fiaba” di Propp. Lì dentro c’è spiegato tutto. Tutte le storie sono declinazioni di un’unica grande storia universale. La stessa ovunque. Basta con concetti come “massa”! Oggi occorre dire “moltitudini”! Rispettiamo il diritto alla diversità di ciascuno! Rivendichiamolo insieme! Legittimiamo i desideri! Occorre andare punto e a capo.
Immagino di partire da un grande confronto anti-identitario che faccia emergere le “culture dell’emancipazione”. Che sicuramente hanno le radici piantate nel variegato mondo liberale e in quello del riformismo turatiano, un riformismo moderato perché realistico ma radicale in quanto convintamente in grado di cogliere e spingere in direzione di un mondo diverso da quello che è finito. Perché è finita qua. La Filosofia della Storia per come l’abbiamo studiata è al capolinea. Quattro le date fondamentali: 1989.1992.2001 e 2020. Adesso c’è bisogno di una grande responsabilità e di molto coraggio. Come sempre occorrerà essere impopolari. Dire la verità. Qualcuno dovrà pur farlo. Il tempo è scaduto da un pezzo e chi si nasconde dietro fantomatici complottasti ha una paura terribile di quello che deve affrontare. Anche io ho paura. Tutti abbiamo paura. Ma non possiamo tirarci indietro. Il coraggio consiste nel compiere delle scelte pur avendo paura. Lasceremo qualcuno per strada. Anzi, qualcuno vorrà essere lasciato fuori. Non vorrà accettare il cambiamento. Ma noi abbiamo il dovere di andare avanti portando in braccio i nostri fratelli più deboli. Ricongiungendoci alla grande narrazione universale. Dando un nome alle nuove realtà che esistono ma che non si percepiscono, perché si esiste solo se si viene chiamati per nome. E nel modo giusto, con la sintassi giusta e nuova. Per rappresentare il mondo finalmente per quello che è. Solo così potremo renderlo migliore. Un po’ alla volta. Diffidando di chi promette rivoluzioni. Piano piano, ma radicalmente. Da subito. E’ già tardi!