Di Anna Adamo
Ho sempre avuto un rapporto strano con la scuola. Un rapporto fatto di amore e odio. Forse più di odio che di amore, se proprio vogliamo dire la verità.
Ero la studentessa modello, la classica “secchiona”.
Una “secchiona” affetta da variante, direi, per essere al passo con i tempi che corrono.
Avevo la media del nove e sei in condotta.
No, non ero scostumata e agli insegnanti non ho mai risposto male. Semplicemente, non riuscivo a tenere a freno la lingua. Le imposizioni non mi sono mai piaciute e restare in silenzio davanti alle ingiustizie mi risultava e mi risulta ancora oggi difficile. Inoltre, si sa, schierarsi dalla parte del più debole non paga mai. Ciononostante, io dalla parte del più debole mi ci sono sempre schierata. Ormai era diventata una sfida tra me, i professori e mia madre, che da insegnante, proprio non riusciva ad accettare che sua figlia fosse così ribelle.
Ma, si è dovuta, a malincuore, abituare anche lei.
Ero la ribelle che pretendeva il massimo dei voti. Ebbene si, o ottengo il massimo o niente, le vie di mezzo non mi piacciono, le vedo come un contentino per chi non ha coraggio di combattere per quello che vuole.
Con il senno di poi, ho capito di aver esagerato a conferire tutta quella importanza ai voti, lo ammetto.
Ed oggi, ai ragazzi, dico: non siete i voti che vi attribuiscono. Non è e non sarà mai un numero a determinare il vostro valore. Prendere un brutto voto, non dare degli esami o laurearsi più tardi non vi rende dei falliti. Non guardate gli altri, perché nessuno sarà mai uguale ad un altro. Guardate dritti verso la meta e prendetevi il tempo di cui avete bisogno, ma soprattutto, godetevi questi anni tra i banchi. Ve lo dico, perché forse, quando tra quei banchi c’ero io, avrei voluto qualcuno che mi dicesse queste cose.
È inutile prenderci in giro, la scuola non è un ambiente facile.
Però, la sete di cultura, la voglia di imparare e l’ entusiasmo non bisogna mai perderli.
Lo so, ricominciare fa sempre paura. Io avevo una paura indescrivibile il primo giorno di scuola, ma non vedevo l’ ora di scoprire cosa mi riservava il nuovo inizio.
Così, “Ai Nuovi Inizi”, è diventato il mio motto.
Lo scrivevo su ogni quaderno come promemoria, per ricordare a me stessa di essere una studentessa migliore dell’anno precedente.
Una studentessa capace di tenere a freno la lingua, magari.
Era un’ ardua impresa che non mi riusciva mai.
Eppure, oggi, nonostante abbia lasciato i banchi di scuola da un po’, trovo che quel promemoria mi sia stato e mi sia più utile di quanto si possa immaginare, al punto da ripetermelo ancora.
“Ai nuovi inizi”.
Quelli che auguro a voi, che tra poche ore, dopo due anni ritornerete tra quei banchi, a riscoprire il sapore della condivisione e dell’ esserci gli uni per gli altri.
“Ai nuovi inizi”.
Quelli che derivano dai peggiori finali.
Quelli fatti per chi ha il coraggio di ricominciare, perché sa che, alla fine, si ricomincia sempre.