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19 Dicembre 2024

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“L’orgoglio Ros non si scippa. Ho combattuto chi seminava terrore”

“Il Ros, costituito in un momento in cui il Paese subiva l’attacco di una criminalità mafiosa che sembrava incontrollabile e di forme di terrorismo sempre preoccupanti, in quanto alle ultime manifestazioni dei gruppi nazionali cominciavano ad affiancarsi le minacce di quello internazionale, ha rappresentato un modo nuovo e più aderente alle necessità dell’azione di contrasto. Il reparto ha affrontato questi fenomeni combattendoli nel loro insieme, considerando il singolo episodio in un tutto più ampio a cui sempre si doveva mirare per realizzare operazioni che producessero un danno effettivo a chi seminava il terrore, che non era espressione di singoli o di piccoli nuclei, bensì parte di organismi che facevano dell’organizzazione interna e di programmi di lungo periodo la loro forza. Per realizzare questo disegno occorreva, quindi, disporre di una struttura che si potesse esprimere a livello nazionale, unica dimensione in grado di confrontarsi con realtà che operavano senza limitazioni territoriali. Questa è stata la vera innovazione che ha rappresentato la fondazione del Raggruppamento”. A dirlo all’AdnKronos è il generale, Mario Mori, fra i fondatori del Ros, in occasione della giornata di studio che domani celebrerà il trentennale dell’istituzione del Raggruppamento operativo speciale carabinieri in programma alla Scuola ufficiale carabinieri di Roma. Mori, che il 15 gennaio del 1993 catturò Totò Riina, si sofferma su “un ricordo particolare” legato al suo periodo di permanenza al Ros: “Un’operazione forse poco nota – spiega -, ma che ha dato la dimensione del livello di efficacia raggiunto dal reparto. Seguendo il tragitto di un traffico internazionale di droga, e lavorando d’intesa con le polizie degli Stati Uniti, di alcuni paesi del Sudamerica e con le Giubbe Rosse canadesi, debellammo la famiglia mafiosa dei Cuntrera e Caruana che sovrintendeva al traffico degli stupefacenti quale intermediaria di Cosa nostra con la mafia americana e i ‘cartelli’ colombiani e venezuelani. Nell’operazione vennero coinvolte una serie di organizzazioni che ne riciclavano gli imponenti ritorni economici. L’attività, conclusa nel 1998, portò complessivamente all’arresto di 112 persone negli Usa, Italia, Messico, Colombia e Venezuela, al sequestro di 35 milioni di dollari in contanti, ma anche alla confisca di un’area in Bolivia delle dimensioni di metà della superficie dell’Umbria, su cui insistevano miniere d’oro e diamanti. Con questa operazione il Ros dimostrò le sue possibilità sul piano investigativo internazionale, ponendosi al livello delle migliori polizie del mondo”.

Il Ros, dunque, sottolinea ancora il generale Mori, “è certamente noto per la cattura di Riina e per le operazioni che hanno portato a scoprire le gravi complicità nel condizionamento mafioso degli appalti pubblici in Italia, ma queste operazioni sono soprattutto la dimostrazione dell’efficacia complessiva di un metodo operativo che, al di là della disponibilità di collaboratori e pentiti, ha dimostrato la sua assoluta efficacia sul terreno”. Di una cosa il generale Mori è certo: “Il Ros è una struttura viva che si adegua al costante mutare delle forme di criminalità più pericolose. La sua confermata aderenza ai compiti assegnatigli è insita nel concetto posto a base della sua costituzione: contrastare i fenomeni emergenti con dimensioni non settoriali, anticipando quelle tecniche di contrasto che, in successione, diverranno il patrimonio professionale di tutta l’organizzazione investigativa dell’Arma dei Carabinieri”. In conclusione, Mario Mori chiosa: “Nella vita di una struttura che combatte la criminalità, ci possono stare vicende che diano luogo a polemiche anche con code giudiziarie. Il fatto che a trent’anni dalla sua costituzione il reparto venga celebrato per i suoi risultati e la sua efficienza, dimostra la intrinseca bontà della sua struttura. Gli aspetti personali passano in seconda fila e le miserie umane si scolorano con il passare degli anni. Restano i ricordi di coloro, e non sono poi tanti, che hanno operato realmente sul terreno a cui non potrà mai essere ‘scippato’ l’orgoglio di quanto è stato fatto”.

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