Di Anna Adamo
“Facciamoci un selfie!”
Le volte in cui abbiamo sentito o pronunciato questa frase sono talmente tante che contarle risulta impossibile. Ormai “fare un selfie” è diventato un qualcosa che va oltre la volontà di scattare una semplice foto con l’ intento di immortalare i momenti più belli delle nostre giornate, è diventato molto più di un’ abitudine.
Quella dei selfie, purtroppo, è una vera dipendenza che ha condizionato le nostre vite ancor prima che ce ne accorgessimo.
Ne abbiamo parlato con Michele Spaccarotella, psicoterapeuta e autore del libro “Il Piacere Digitale”, il cui primo capitolo è proprio dedicato ai Selfie.
“ Il selfie è diventato un comportamento sempre più diffuso nella nostra società. Fino a dieci anni fa questo termine non esisteva, al giorno d’oggi, invece, risulta essere un comportamento praticato a tutte le età. Il bisogno di scattare selfie nasce dall’ esigenza di autorappresentarsi e raccontarsi. Il desiderio di autorappresentazione è sempre esistito nell’essere umano, si pensi ai graffiti o ai quadri dei grandi pittori. Il selfie si è diffuso anche grazie alla rapidità con la quale viene messo in atto”, ha spiegato lo psicoterapeuta.
Negarlo è inutile.
La nostra vita è cambiata senza ombra di dubbio.
È una vita che dipende da una fotocamera e dal bisogno di essere costantemente esposti.
Se si fa una cosa e non la si espone sui social, sembra che quella cosa non sia stata fatta per davvero. È come se ci si servisse del web per accertare la veridicità delle nostre azioni, o, per essere ancora più precisi, addirittura per compierledeterminate azioni, soprattutto se queste ultime riguardano le relazioni sentimentali.
Infatti, come ha ribadito Spaccarotella , “il web ha influenzato il nostro modo di fare relazione già da più di venti anni. Con il lockdown questa modalità ha subito un’ accelerazione, in quanto anche persone che mai prima d’ora avevano utilizzato le chat o app di Dating per conoscersi, durante i mesi in cui sono state costrette a restare chiuse in casa, hanno iniziato ad utilizzarle per restare in contatto a distanza. Il tutto ha avuto un forte impatto sulle modalità di gestione, creazione e conclusione dei rapporti, perché attraverso la chat c’è una maggiore facilità sia di crearla una relazione, sia di interromperla. È importante, in questi casi, considerare che dall’altra parte ci sia una persona e non un avatar”.
Le coppie utilizzano le chat anche per tenersi in contatto durante le ore in cui non possono vedersi di persona, quindi, vista sotto questo aspetto la chat può essere considerata come un modo per restare in contatto, ma è opportuno non dimenticare che il web nasconda molte insidie.
“Esistono delle app dedicate al tradimento, quindi persone che vivono male il proprio rapporto di coppia, si possono tranquillamente iscrivere. Quello che a mio avviso fa la differenza è la costanza e la dedizione che una persona dedica alla propria relazione sentimentale”, ha aggiunto lo psicoterapeuta.
La dipendenza da selfie, social network e tutto ciò che concerne il mondo del web, oltre ad aver radicalmente cambiato la nostra vita e il nostro modo di fare relazione, ha dato vita a comportamenti negativi che riguardano soprattutto i giovani, come ad esempio il vamping, ossia restare tante ore della notte svegli impegnati in attività che riguardano il mondo della tecnologia come la chat, la visione di serie tv o di video su Youtubeperdendo molte ore di sonno.
Vista la situazione, Spaccarotella è proprio ai giovani che si rivolge, per ricordare loro di non sostituire la relazione umana con la relazione virtuale.
“Per quanto i mezzi tecnologici possano essere uno strumento di connessione, ciò che ci fornisce una relazione fatta di contatto, di sguardi e di abbracci, non può essere sostituita dalla tecnologia.
Inoltre consiglio loro di leggere il libro “Il Piacere Digitale”, perché l’ ho scritto con l’intento di far raggiungere un equilibrio tra le relazioni umane e l’ utilizzo della tecnologia.”
Perché, si, trovare un equilibrio tra le relazioni umane e l’utilizzo della tecnologia è possibile, basta interrogarsi sul modo in cui la tecnologia ha cambiato il nostro modo di fare relazione con gli altri e con noi stessi.