Prima la monetina lanciata a Reina in Atalanta-Lazio, con tre Daspo già comminati, poi l’irruzione armati di bastoni in un pub per aggredire i tifosi del Manchester United, con la Champions in città. A Bergamo c’è un problema ultras violenti. La Digos monitora la situazione, ma “a preoccupare le forze dell’ordine di Bergamo è l’incertezza attorno al mondo ultrà nerazzurro degli ultimi mesi – scrive la Gazzetta dello Sport – A settembre si era infatti sciolta la curva Nord Pisani, cuore pulsante del tifo atalantino da decine di anni, ma la conseguenza, come è facilmente intuibile, è stata la nascita di gruppi minori di cani sciolti, difficili da monitorare e rintracciare. Gruppi come i fantomatici ‘Animal Kongdom’, che in estate avevano ‘avvertito’ il presidente Antonio Percassi con striscioni di contestazione per il mercato svolto dall’Atalanta sino a quel momento. Che il tifo nerazzurro sia oggi frazionato lo si è intuito anche nelle prime partite giocate al Gewiss Stadium a inizio stagione, con alcuni ultrà che si sono rifiutati di entrare nell’impianto come forma di protesta contro il green pass e altri che invece avevano preso posto in curva”. Se ne occupa ovviamente anche la stampa locale. Il Corriere di Bergamo ha in prima pagina un editoriale di condanna netto. “L’Atalanta più forte di sempre è sulla piazza ormai da qualche anno ma loro, gli ultrà, restano uguali a sé stessi, e anche stasera, viste le premesse, faranno lavorare trecento poliziotti per ragioni di prevenzione e sicurezza. Ai figuroni di una piccola diventata grande sul campo, continuano a corrispondere le figuracce da hooligans di chi piccolo vuole restare in nome di chissà cosa, non è mai troppo chiaro. E non si dica ‘era da tempo che non succedeva’, perché anche il cammino europeo dell’Atalanta è stato accompagnato, purtroppo, da un certo teppismo: scontro con i tedeschi del Borussia Dortmund a Reggio Emilia, pestaggio in un bar di Liverpool e, l’altra sera, incursione in un noto pub del centro di Bergamo. Attorno resta un ambiente che, a parte le prese di distanza della società, troppo spesso invece di condannare si gira dall’altra parte”.