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24 Dicembre 2024

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“Carceri: non solo sovraffollamento. Una battaglia da fare”

di Donato D’Aiuto*

È di questi giorni la notizia del rinvio a giudizio per 108 persone – tra agenti di polizia penitenziaria e funzionari amministrativi del carcere di Santa Maria Capua Vetere – per le violenze perpetrate ai danni dei detenuti il 6 aprile 2020.

L’essere garantisti non deve sfociare nella sottovalutazione di tutto quello che abbiamo visto nei video girati all’interno del carcere di Santa Maria Capua Vetere. Tutti noi dobbiamo interrogarci sulla situazione delle carceri italiane.

Una frase, attribuita a Voltaire, racchiude tutto: “Non fatemi vedere i vostri palazzi ma le vostre carceri, poiché è da esse che si misura il grado di civiltà di una Nazione”.

Dunque, è dalle carceri e – anche – dai carcerieri che si misura il grado di civilizzazione di un Paese.

A questo aggiungiamo quanto, invece, diceva Piero Calamandrei, “bisogna vederle le carceri per poterne parlare”. Per averne un quadro quanto più preciso possibile non si può non partire da alcuni dati.

Il rapporto del 30 giugno scorso dell’Associazione Antigone (che si occupa di tutelare i diritti delle persone detenute) fornisce una fotografia impietosa delle nostre carceri.

Nelle nostre carceri sono detenuti oltre 53 mila detenuti, a fronte di un totale di 47 mila posti disponibili. Il tasso di affollamento, quindi, supera il 113 %.

In alcuni istituti penitenziari il tasso di affollamento supera addirittura il 150 % (a Brescia si arriva al 200 %).

Scendendo più nel dettaglio, nel nostro Paese ci sono soltanto 4 istituti penitenziari interamente femminili, per un totale di 528 donne recluse (a fronte delle 2.228 detenute totali).

Sebbene tanti passi in avanti, nel corso degli anni, siano stati fatti, il sovraffollamento è, purtroppo, soltanto uno dei problemi della vita quotidiana all’interno delle carceri.

Nonostante l’articolo 27 della Costituzione, al terzo comma, chiarisca che “le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato”, ancora oggi il carattere corporale della pena non è del tutto espiantato dai nostri istituti penitenziari; basti pensare alle condizioni igieniche delle celle e alla scarsa assistenza sanitaria dei detenuti. Fino alla data del rapporto dell’Associazione Antigone erano 18 i suicidi avvenuti in cella nell’anno 2021.

In definitiva, è un bene che si parli del sovraffollamento delle carceri ed è un bene che si studino varie soluzioni per farvi fronte. Ma l’impegno non può e non deve finire lì.

Lo Stato non può fare sua la “logica della vendetta” continuando a punire chi è già stato punito con la privazione della propria libertà.

Lo Stato non è quello del Codice di Hammurabi e della legge del taglione.

Lo Stato è un’altra cosa e dovrà sempre essere al fianco dei più deboli, degli ultimi. Occorre affrontare la “questione carceri” in modo serio ed organico e bisogna farlo con urgenza.

*avvocato

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