“Le parole e le azioni del Giudice di Rosa sul caso Ambrogio CRESPI, i valori di alta civiltà che ha espresso contro l’ingiustizia che è oppressione e non difesa dei cittadini e dei valori della costituzione, la sua determinazione nello spezzare i recinti ed fili spinati culturali che spengono il senso di umanità nel carcere e fuori dal carcere, questo suo essere ‘Istituzione’ ci rende fieri di questo Stato, ci dimostra che il sacrificio di tanti non è stato, non è e non sarà vano”. Così all’AdnKronos il colonnello Sergio de Caprio, alias Capita Ultimo, a proposito delle parole del presidente del Tribunale di Sorveglianza di Milano, Giovanna di Rosa, al IX congresso di Nessuno tocchi Caino che si è svolto la settimana scorsa nel carcere di Opera. Il Capitano Ultimo ha aderito alla richiesta di grazia per CRESPI, con il quale il 15 gennaio prossimo, a 29 anni esatti dalla cattura di Totò Riina, lancerà ‘Ultimo Tv’.
Anche un altro simbolo in campo. “Ho letto le parole della Dott.sa Giovanna di Rosa, Presidente del Tribunale di Sorveglianza di Milano, a favore di Ambrogio CRESPI. Finalmente si trova la giustizia giusta e ci si rende conto della condanna lunare inflitta ad Ambrogio CRESPI”. Così all’AdnKronos Benedetto Zoccola, testimone di giustizia sotto scorta per aver denunciato la camorra, a proposito delle parole della presidente del TdS di Milano al IX congresso di Nessuno tocchi Caino che si è svolto la settimana scorsa nel carcere di Opera. “Se prima eravamo in tanti a pensare che questa vicenda fosse assurda – osserva Zoccola – ora siamo ancora di più, anche attraverso esponenti politici. Io ho denunciato la camorra, sono un testimone di giustizia e purtroppo conosco la criminalità organizzata. Insieme ad Ambrogio siamo andati nelle scuole a portare messaggi di speranza e legalità tra i giovani. E continueremo sempre a farlo. Adesso più che mai – conclude – è necessario dare sempre più voce a questa ingiustizia”.
Fra i commenti anche quello di Don Luigi Merola. “L’articolo 27 della Costituzione italiana – spiega il parroco anticamorra – recita ‘le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato’, sancendo il principio di proporzionalità della pena e il fine principale, che è quello rieducativo e non sanzionatorio. Di conseguenza ogni pena deve essere adeguata, così come ogni processo secondo l’articolo 111 della Costituzione deve essere giusto. Ma è davvero giusta una pena che arriva a distanza di tanti anni e in un contesto ormai completamente nuovo e mutato della persona in questione? Ogni pena non deve mai perdere il suo fine e non deve mai mirare alla disumanizzazione, perché una pena che arriva dopo tanti anni ad una persona che è ormai reinserita completamente nella società, potrà avere soltanto un effetto contrario e negativo”. “CRESPI, che nega la commissione dei reati – prosegue don Merola -, è stato condannato dopo un lungo processo e la condanna è arrivata dopo tanti anni in cui si è impegnato nella lotta alle mafie tramite il suo lavoro di imprenditore della comunicazione”. “Lo Stato – conclude – deve ritornare ad amministrare una giustizia con la G maiuscola”.