Di Felice Massimo De Falco
Ci siamo quasi. Mancano una manciata di giorni per eleggere il nuovo Presidente della Repubblica italiana, che resterà in carica 7 anni. Domani 4 gennaio, il Presodente della Camera manderà una lettera di convocazione delle Camere per riunirsi in seduta comune. Non tutti conoscono le procedure e il quorum da raggiungere per l’elezione presidenziale. Proviamo a descriverlo.
Il presidente della Repubblica è eletto nell’Aula di Montecitorio dal Parlamento in seduta comune integrato da 58 rappresentanti delle Regioni: ogni regione ne elegge tre con l’eccezione della Valle d’Aosta che ne elegge uno.
La seduta comune del Parlamento è convocata entro un massimo di 15 giorni dalle dimissioni del presidente ed è presieduta dal presidente della Camera.
Il primo atto della seduta comune è la lettura dell’elenco dei delegati regionali. L’Aula di Montecitorio, dove si svolgono le riunioni congiunte del Parlamento, viene opportunamente risistemata per consentire a tutti i “grandi elettori” di prendere posto.
Quest’anno i grandi elettori saranno tra i 1007 e 1009.
La Costituzione prevede che nelle prime tre votazioni la maggioranza richiesta per l’elezione sia quella dei due terzi dei componenti dell’Assemblea, che questa volta è di 671 voti. Dal quarto scrutinio il quorum si abbassa: per essere eletti basterà la maggioranza assoluta dei componenti dell’Assemblea, pari a 504 voti. Non c’è una prassi certa sulla cadenza delle votazioni; la seduta comune è considerata un’unica seduta anche se si sviluppa in più giorni.
Per consuetudine voteranno prima tutti i senatori, poi i deputati e quindi i delegati regionali. La “chiama” dei grandi elettori sarà ripetuta due volte. Ognuno, per assicurare la segretezza del voto, entrerà nelle cabine poste sotto il banco della presidenza e scriverà il nome del candidato che intende votare nella scheda che gli viene consegnata dal commesso e che e’ timbrata e firmata dal segretario generale di Montecitorio. Quindi, uscito dalla cabina, l’elettore depositerà la scheda, ripiegata in quattro, nell’urna di vimini e raso verde, ribattezzata “l’insalatiera”, davanti alla quale c’è un segretario di presid enza.
Lo spoglio è fatto dal presidente della Camera, che legge in Aula i nomi dei candidati uno ad uno ad alta voce. Il conto delle schede viene tenuto dai funzionari della Camera e dai componenti dell’ufficio di presidenza di Montecitorio, che si assumono il compito di scrutatori.
Nel 1992 Oscar Luigi Scalfaro era presidente della Camera e lesse le schede della votazione che lo portò al Quirinale; ma, poco prima che il quorum fosse raggiunto, lasciò il posto al vicepresidente della Camera, Stefano Rodotà, e aspettò il risultato definitivo nel suo ufficio.
I risultati. Per ogni votazione vengono letti all’Assemblea al termine dello spoglio. Per essere messe a verbale, le preferenze ai candidati devono essere almeno due. Chi riceve un solo voto viene conteggiato genericamente tra i voti dispersi.