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15 Novembre 2024

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“L’Italia ha bisogno di un Presidente della Repubblica che garantisca unità nazionale”

di Anna Adamo 

Parla il deputato di LEU Articolo Uno Federico Conte, un nome che mette insieme tradizione e futuro. Formazione politica e visone.

Ci separano pochi giorni dall’ elezione del Presidente della Repubblica che succederà a Sergio Mattarella.

“Sono questi, giorni di grande fibrillazione per la politica italiana. Tanti i nomi in campo e forte é la volontà dei partiti di imporre un candidato che rispecchi il proprio credo politico. É ancora troppo presto per capire chi riuscirà a spuntarla, di una cosa, però,si ècerti: l’Italia ha bisogno di un Presidente  che garantisca unità nazionale”.

A dirlo é Federico Conte, deputato di LEU Articolo Uno, secondo il quale é necessario che il prossimo Presidente della Repubblica sia “una personalità al di fuori della mischia”, alla Giuliano Amato o Marta Cartabia, già presidente della Corte Costituzionale e ora Ministro della Giustizia, se bisogna pensare ad una donna. Quindi, “non un uomo di partito, ma una persona che possa interpretare i valori di coesione proprio come in questi anni ha fatto Mattarella”.

Parole, quelle del deputato che fanno a pugni con le scelte eseguite dal centrodestra, la cui decisione é ricaduta sulla candidatura di Silvio Berlusconi.

“Berlusconi – spiega senza mezzi termini Conte – è un uomo di parte il quale non interpreta il ruolo di cui ho precedentemente parlato. Sarebbe votato da una maggioranza parziale, risultando, così,essere espressione di un Parlamento diviso. La sua elezione alla Presidenza della Repubblica non sarebbe un buon augurio per il paese”.

La situazione è chiara: una condivisione ampia su un nome non c’è ancora. Per questa ragione prosegue Conte, “é naturale che nel corso delle prime votazioni si parta con dei candidati che rappresentino posizioni di partito. Dunque, dati i presupposti, ben venga che il centrodestra proponga la figura di Berlusconi, ma di certo non si può avere la pretesa che quest’ultimo sia un candidato condiviso. Credo, inoltre, che anche i Progressisti dovrebbero indicare un nome, penso ad esempio a Pierluigi Bersani”.

Il Colle resta una meta molto ambita che, come è giusto che sia, ognuno cerca di raggiungere mettendo in campo le proprie carte migliori. Del resto, tentar non nuoce! Meglio provare e fallire, che vivere con la consapevolezza di non averci provato! É questo lo spirito dei partiti, i quali ben sanno che se nessuna delle carte presentate dovesse spuntarla, non resterà che puntare su un candidato capace di unire tutti indistintamente, a prescindere dalle proprie ideologie politiche.

Tra nomi e certezze che vacillano si fa spazio un desiderio comune, offrire all’Italia personalità capaci di conferirle lo splendore che merita, uno splendore messo a dura prova dalla pandemia di covid-19 che purtroppo ci vede protagonisti.

“In questo periodo così difficile -osserva il deputato – il governo ha dovuto, con uno sforzo enorme iniziato con Giuseppe Conte e proseguito con Draghi, innanzitutto garantire la sicurezza sanitaria. Il modello italiano, anche grazie al Dicastero della Salute guidato da Roberto Speranza è stato preso d’esempio in tutta Europa, addirittura nel mondo. Di tutto questo dobbiamo essere orgogliosi. Gli italiani devono essere orgogliosi di tutto ciò che di buono è stato fatto per il proprio paese”.

Ebbene si, l’Italia ha raggiunto traguardi da non sottovalutare. Non bisogna però dimenticare quanto lunga e tortuosa sia stata la strada da percorrere per arrivare fino a qui.

“Le difficoltà, sono nate dal difficile coordinamento delle linee nazionali con la gestione delle regioni. Questo, però, non è dovuto alla responsabilità dei singoli, ma al fatto che nel nostro paese si sia sviluppata una forma di regionalismo malato in cui quella che sarebbe dovuta essere un’ articolazione di funzioni delle regioni rispetto al quadro di governance nazionale, si è trasformato in un meccanismo di gestione, ragion per cui le regioni immaginano di concorrere con lo Stato su certe materie. E questo è inaccettabile, ad esempio, nella sanità,così come nella scuola”.

Una scuola, quella italiana,che sembra aver dato al governo non pochi problemi. Due, come ben sappiamo, le opzioni della discordia: DAD o ritorno in classe in presenza.

Federico Conte a tal proposito non ha alcun dubbio: “La scuola in presenza é un valore. Le generazioni più giovani hanno subito danni incredibili dalla DAD, che si è resa necessaria nella fase in cui ancora non conoscevamo bene il virus, che in gran parte c’è ancora sconosciuto, ma rispetto al quale abbiamo messo in campo delle tutele che ci consentono di riprendere tutte le attività. Sarebbe assurdo che l’attività principale,ovvero quella della formazione, non riprendesse. Non far andare i ragazzi a scuola significherebbe condannarli ad un periodo vuoto dal punto di vista formativo, non solo per ciò che concerne l’istruzione, ma soprattutto per ciò che riguarda il valore della convivenza. Non bisogna dimenticare che un cittadino si forma soprattutto grazie al rapporto famiglia- studio- società.”

Sembra chiaro che uno dei primi obiettivi della politica sia garantire ai ragazzi un futuro quanto più roseo possibile. Un futuro privo di disuguaglianze, che, purtroppo, da sempre dividono il nord e il sud del paese, mettendo in ginocchio, soprattutto in questo periodo, molti comuni, in particolar modo proprio quelli del sud.

“Va innanzitutto fatto un piano assunzionale importante nella dimensione e anche nella qualità, rintracciando figure qualificate che diano ai comuni la capacità di organico di cui hanno bisogno. A questo il governo ha provveduto stanziando dei fondi attinti al PNNR, decidendo inoltre di affidare ai comuni la gestione di alcuni finanziamenti molto importanti. Una decisione che sul piano teorico é condivisibile, perché i comuni rappresentano un’ importante rete di enti locali del nostro paese, ma sul piano pratico, per il Sud, tutto questo potrebbe trasformarsi in una di debacle, perché i comuni non sono in grado sia per organico sia per risorse finanziarie di gestire i finanziamenti del PNRR. Vanno sostenuti molto con risorse finanziarie che consentano loro di non perdere le occasioni del PNRR, potendo attingere anche da contributi tecnici esterni a quelli dei comuni. Il tema dei comuni va ripensato insieme a quello delle regioni. In Italia, conclude Conte, c’è bisogno di rivedere il rapporto tra lo Stato centrale e le autonomie locali”.

Non è poi mancato, da parte del deputato, un riferimento ai no vax. 

“Io credo, dice, che si tratti di un riferimento ideologico che ha poco a che fare con la realtà, che diventa l’occasione di sfogo dei tanti antagonismi che vivono nella società ed emergono in queste occasioni. I dati clinici e scientifici non lasciano spazio a dubbi sul fatto che i vaccini stiano contribuendo a salvare l’umanità. Certo, non tutto è chiaro. I risultati non sono chiari, pacifici, c’é un work in progress della scienza, ma io credo non si possa immaginare un’alternativa senza mettere in conto un disastro di proporzioni planetarie”.

I presupposti per fare il bene dell’ Italia ci sono tutti. O almeno, questo è quel che sembra, in attesa di quel che avverrà, non resta che continuare a sperare.

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