di Massimo Ricciuti
E’ inutile. Lo abbiamo studiato. Si sono fatti convegni in tutto il mondo. Ci riempiamo la bocca di parole come “alfabetizzazione digitale”, imperativi come “estendere la digitalizzazione”, “implementare il digitale”, “infrastrutture digitali”… tutto questo è anche capitolo di spesa dei fondi del PNRR. Eppure, arrivati al dunque, ecco riemergere atteggiamenti retrogradi, arretrati, ideologici, demagogici e anche obsoleti e cinici. Fuori dal tempo e dalla Storia. Atteggiamenti, forse, “corporativi”, figli comunque di una obsolescenza culturale tutta calata nel ‘novecento. C’è una crisi, un’opportunità unica, una sfida da affrontare a viso aperto per mettere in sicurezza i “corpi” e il concetto di cultura in sé, e innanzitutto la questione della trasmissione dei saperi.
Non c’è abitazione dove non ci siano smartphone, tablet, computer, televisori al plasma multifunzionali di ultimissima generazione. La prima cosa che si nota, a Scampia come nei “bassi” del centro storico napoletano ma non solo, è proprio la presenza di dispositivi digitali.
Allora perché, in epoca pandemica, siamo così strabici e contraddittori? Perché da un lato diciamo che la priorità deve essere l’investimento sulla digitalizzazione, e dall’altro la ostacoliamo nascondendoci dietro un populismo pauperistico stile anni ‘cinquanta? C’è qualcosa che non torna, caro ministro Bianchi! C’è qualcosa che non quadra, caro Draghi! Non mi tornano le vostre lamentele in chat, care mamme no-dad!
Da decenni si discute sull’esigenza di alfabetizzare digitalmente i nostri figli. Anzi, dal momento che sono bravissimi con tutti i loro strumenti, e dal momento che passano le giornate su telefonini, pc etc… Perché non fare in modo che invece di mandarsi emoji o giochetti vari, i nostri ragazzi non possano cogliere le infinite forme di “liberazione” e di “emancipazione” che la civiltà digitale ha la possibilità di offrire?
Perché è chiaro che se non siamo capaci di cogliere il senso delle trasformazioni sociali che gli strumenti di comunicazione (di massa/moltitudini) portano con sé, allora è chiaro che si possono solo “subirne” gli effetti a senso unico. Ma dal momento che, al contrario del cinema e della televisione mainstream, la digitalizzazione si accompagna ad un uso “attivo” dello strumento e supera il concetto “binario” della direzione o del “verso”. Da un “luogo” ad un altro. E anche della gerarchizzazione (nel mondo digitale possiamo scegliere e essere protagonisti, possiamo con-dividere e esperire insieme). Quindi non si capiscono determinate scelte. Paiono riflessi pavloviani di sopravvivenza di un “mondo che fu” e che adesso deve lasciare definitivamente il campo. Non c’è solo “Tic-Toc”! E se Telegram potesse ospitare un’opera seriale sul Decamerone di Boccaccio? Se la “scuola” imparasse a studiare un palinsesto seriale sulla “storia della Filosofia”. Lo sapete, vero, che già esistono da una vita le enciclopedie digitali? Lo sapete che passiamo le giornate a fare incontri in streaming, ad assistere a podcast, a partecipare a webinar, a fare incontri di lavoro su “zoom” etc. etc.? E allora perché diavolo non volete che anche la “scuola” possa salvarsi innovandosi anch’essa?! Perché non superate questi vostri assurdi preconcetti da “libro cuore”?! Perché volete evitare che i nostri figli possano incontrare Leopardi sullo smartphone?! Perché non vi dedicate, cari insegnanti, care mamme, caro ministro Bianchi, a cogliere questa grande opportunità in questo momento così difficile e di evidente cambiamento epocale?! Proprio non ce la fate!!! Non vi entra in testa!!! Che cosa diavolo vuol dire “investiamo sul digitale” se non “investire sui saperi” e sulle nuove tecniche per condividere “saperi” e permettere “partecipazione” ai “corpi” anche non “in presenza” (scusatemi tutti questi virgolettati e parentesi)?!
In tutto questo c’è il Covid di mezzo. Che vuol dire un positivo non si va in Dad, due nemmeno, tre forse ma non oggi, forse domani ma con il tampone rapido (il molecolare ti dà quella positività che l’antigenico non coglie)?!
Niente! Non vuol dire niente! Anzi, vuol dire che siamo una società arcaica e impreparata, incapace di affrontare le sfide. Con una classe politica che rispecchia la società stessa (è ovvio! Scusate la banalità).
Irresponsabili!
Andate a rileggervi “L’Opera d’Arte Nell’Epoca della Sua Riproducibilità Tecnica” di Walter Benjamin, o “Sull’Origine Del Dramma Barocco” (sempre Benjamin, ringrazio il mio amico Achille Pisanti che me lo ha ricordato citandolo nel suo ultimo libro). O “Apocalittici e Integrati” di Umberto Eco. O qualsiasi testo di Sociologia delle Comunicazioni di Massa o dell’Arte e della Letteratura. Ascoltate Alberto Abruzzese invece di Freccero. Oggi ci si laurea attraverso il web! Esistono migliaia di Università on line e voi state a menarvela sulla dad?! Siete fuori luogo, fuori tempo e in malafede!
Il Covid è entrato in casa mia, ma almeno so che i miei figli con i dispositivi digitali stanno studiando invece di cazzeggiare!!!