di Anna Adamo
Ho un brutto carattere. E nonostante lo sappia da sempre, gli altri non perdono occasione per ribadirmelo.
Forse, fanno anche bene. Perché, sebbene ne sia pienamente consapevole, faccio fatica ad ammetterlo.
E lo so che nulla ci sarebbe di male, se lo ammettessi. Ma, credetemi quando vi dico che essere estremamente perfezionista non è una delle cose più belle di questo mondo.
La perfezione non esiste.
Si,so anche questo.
Però, io di perfezione ho un’ idea tutta mia. Ho la mia perfezione e combatto ogni giorno per raggiungerla. Quando c’è di mezzo il lavoro, ad esempio, quest’ indole perfezionista la tiro fuori proprio tutta.
E poco importa se ciò mi conduce a scontrarmi con l’ intero mondo, perché per me niente vale più delle mie idee,dei miei obiettivi, a causa dei quali, ammetto non senza rimpianto, di aver sacrificato alcuni tra quelli che sarebbero dovuti essere i migliori anni della mia vita.
No, sia chiaro non intenda dire che mi dispiaccia averli sacrificati, quegli anni. Anzi, se sono arrivata fino a qui, lo devo proprio a quei sacrifici e a quei piccoli rimpianti. Lo scrivo e mi sento la ragazza più fortunata del mondo, nonostante la vita non mi abbia mai risparmiato colpi.
Ebbene si, nonostante tutto sono fortunata.
Perché, entrambe le mie passioni le sto trasformando in un lavoro.
E pur essendo una che non si accontenta mai, alla vita non chiedo altro.
Lo faccio per i tanti giovani che, invece, a differenza mia, le proprie passioni in un lavoro non hanno avuto la possibilità di trasformarle. Lo faccio, perché provo costantemente ad immedesimarmi in loro e penso che se non avessi la possibilità di fare ciò per cui mi brillano gli occhi, probabilmente non sopravvivrei.
Lo faccio, perché quando di trasformare un’altra delle mie più grandi passioni in un lavoro mi è stato impedito, ho provato un dolore talmente forte da non riuscire a spiegarlo. Un dolore che ancora provo e temo non smetterò di provare mai. Lo faccio, perché sono dalla loro parte.
Perché, capisco cosa li spinga a lasciarli andare, quei lavori, che non li soddisfano da un punto di vista umano e non garantiscono loro equilibrio tra vita privata e lavoro.
Dire che i giovani non abbiano voglia di far niente oltre trascorrere ore con il cellulare in mano o davanti al pc, è una scusa che non regge. Non in questo caso.
I giovani, la voglia di lavorare vi assicuro che ce l’hanno. E vi assicuro anche che non è facile licenziarsi e dover costantemente
dipendere dai propri genitori.
Certo,come in tutti i casi, anche in questo ci sono le dovete eccezioni. Però,per la maggior parte dei giovani, dover dipendere da qualcuno è l’umiliazione più grande che possano subire.
Un’ umiliazione di cui, chi del nostro futuro dovrebbe occuparsi, é unico colpevole. Un’ umiliazione di cui voi adulti siete più responsabili di quanto si possa immaginare.
E vorrei vedervi tutti, al nostro posto.
Cosa fareste? Non credo vi accontentereste.
E non credo neanche direste che poco sia sempre meglio di nulla, cosa che, invece, a noi dite continuamente.
Non dico non sia vero che poco sia sempre meglio niente.
Non potrei mai dirlo avendo, per anni, fatto di quel poco che è sempre meglio di niente il mio stile di vita. Dico, però, che non si può neanche trascorrere tutta la vita ad accontentarsi di quel poco, che per nulla rispecchia le nostre competenze e potenzialità. Come vedete, non chiediamo molto.
Chiediamo solo di essere valorizzati per ciò che sappiamo fare e non che si parli di noi per le cose che non facciamo.
Se ci provaste, capireste non è poi così difficile. E chissà, probabilmente nella nostra serenità trovereste tutto ciò che serve per completare la vostra.