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15 Novembre 2024

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Scuola, studenti più assenti durante l’ora di religione: “É anacronistica”

di Felice Massimo De Falco

Classi sempre più agomnre quando arriva l’insegnante di Religione. Soprattutto negli anni della pandemia dove il fenomeno ha subito una brusca accelerazione. Nella scuola dell’infanzia e alla primaria decidono i genitori dediti ad altre confessioni, mentre alla media e al superiore sono gli stessi ragazzi a manifestare le loro preferenze. E spesso disertano l’ora di Religione. Lo scorso anno furono un milione e 246mila. Un fenomeno che nella secondaria di secondo grado è particolarmente accentuato. Al liceo, all’istituto tecnico o al professionale ormai uno studente su quattro preferisce entrare in ritardo o uscire in anticipo, se l’ora della disciplina è collocata in cima o in coda all’orario, oppure dedicarsi allo studio autonomo o ancora alle attività alternative organizzate dalla scuola.

E anno dopo anno si susseguono continui record con un numero sempre crescente di ragazze e ragazzi che disertano l’ora prevista dal Concordato Stato-Chiesa. I dati, questa volta, provengono dall’interno degli stessi ambienti ecclesiastici: il Servizio nazionale per l’insegnamento della religione cattolica della Cei, la Conferenza episcopale italiana. Dopo un periodo di relativa calma, con incrementi continui ma moderati, negli ultimi anni la quota di studentesse e studenti che preferiscono fare altro durante l’ora di Religione è aumentata parecchio. In generale, per tutti i gradi scolastici, si passa dal 14,15 % di bambini e ragazzi che non si avvalgono della materia del 2019/2020 al 16,60% del 2020/2021. Un balzo in avanti di due punti e mezzo che non si verificava da anni. Per un totale di un milione e 246mila alunni.

 Passando al superiore i numeri cambiano. La quota di studenti che lascia l’aula durante l’ora di Religione supera il 24%: un quarto circa. In numeri, qualcosa come 635mila studenti, la metà del totale. In questo caso, l’incremento percentuale rispetto all’anno precedente è di ben 4 punti. È al Nord, dove è 31% degli studenti non “si avvale”, che le classi si svuotano maggiormente. Nelle regioni dell’Italia centrale, la percentuale, sempre al superiore, scende al 25%. Rispetto a quattro anni prima, il 2016/2017, l’evoluzione è netta: non si avvaleva nel complesso il 12,6%, mentre al superiore ci si manteneva al di sotto del 19%.

I vescovi temono la sparizione dell’insegnamento cattolico. Tanto che prima che si aprissero le iscrizioni al prossimo anno scolastico, il 2022/2023, si sono rivolti direttamente alle famiglie e agli stessi studenti. La Cei parla senza mezze misure di quello che dovrebbe essere l’insegnamento. “Una materia che, per sua natura, favorisce il dialogo e il confronto tra persone ed esperienze diverse”.

Per tutti i gradi di scuola, continuano, le Indicazioni didattiche prevedono che “gli alunni siano aiutati a ‘sviluppare un positivo senso di sé e sperimentare relazioni serene con gli altri, anche appartenenti a differenti tradizioni culturali e religiose’ (Indicazioni per l’Infanzia), fino ad affermare che ‘l’insegnamento, nell’attuale contesto multiculturale, mediante la propria proposta, promuove tra gli studenti la partecipazione ad un dialogo autentico e costruttivo, educando all’esercizio della libertà in una prospettiva di giustizia e di pace”. Ma poi, in alcuni casi, in classe le cose vanno diversamente.

Luca Redolfi, parla a nome dell’Unione degli studenti. “Si tratta di un’ora anacronistica – dichiara – rispetto all’evoluzione della società e all’evoluzione che dovrebbe avere la scuola pubblica. Da tempo – continua – sosteniamo l’eliminazione di quest’ora e di sostituirla con percorsi differenti: un’effettiva storia delle religioni o dibattiti all’interno della classe su tematiche di attualità, educazione civica o altro”. Poi si sofferma sui numeri. “Il dato è considerevole rispetto anche alle difficoltà delle scuole a immaginare percorsi alternativi. In molte scuole – conclude – ancora non viene garantita l’Alternativa alla religione cattolica, tanto alle superiori che alle scuole medie inferiori”.

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