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15 Novembre 2024

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Il suicidio assistito é un atto di civiltà ma i partiti si spaccano: pesano le parole del Papa

Di Felice Massimo De Falco

Nuovo rinvio per l’eutanasia, e la maggioranza resta divisa. Approdato nuovamente in Aula della Camera, il testo ha compiuto solo un piccolo passo dell’iter, con l’illustrazione del complesso degli emendamenti, in tutto circa 200. Al termine della discussione, il relatore M5s Nicola Provenza, parlando anche a nome del collega, il dem Alfredo Bazoli, ha chiesto il rinvio dell’esame alla prima data utile della prossima settimana.

Ma, salvo sorprese, difficilmente tra sette giorni i deputati potranno iniziare a votare gli emendamenti, visto che prima c’è da licenziare in via definitiva il decreto che proroga fino al 31 marzo lo stato di emergenza da Covid. E poi c’è da approvare il decreto Milleproroghe, che approderà in Aula mercoledì 16 febbraio, e deve essere convertito in legge, previo passaggio al Senato, entro il 28.

Ma c’è anche un altro decreto da convertire in legge, che rischia di bypassare la legge sul suicidio assistito, ovvero quello che ha introdotto l’obbligo del green pass rafforzato per gli over 50. Insomma, l’esame potrebbe quindi slittare a marzo, con tanto di contingentamento dei tempi.

E infatti FdI, già contraria al testo, ha votato contro anche alla richiesta di rinvio, lamentando l’intenzione di una parte della maggioranza di voler “mettere il bavaglio”. Ma la maggioranza ha già i suoi problemi interni, che rischiano di far naufragare in Aula il provvedimento, sulla stregua di quanto accaduto sul ddl Zan contro l’omofobia.
Sul provvedimento, infatti, resta il ‘no’ netto di Lega, Forza Italia (anche se tra gli azzurri coesistono sensibilità diverse) e Coraggio Italia, a cui si aggiunge il muro innalzato da Fratelli d’Italia. Sono invece a favore il Pd (pur con le perplessità di alcuni), M5s e Leu. Italia viva, che ha votato a favore del testo in commissione, ha ora optato per la libertà di coscienza.

E proprio questa decisione preoccupa gli ex giallorossi, che temono la ‘conta’ in Aula. Senza i voti dei renziani, infatti, difficilmente il testo sul fine vita potrà affrontare la prova dell’Aula blindato e, quindi, potrebbe subire profonde modifiche tali da snaturarlo, è il timore dei sostenitori della proposta di legge. Che è del resto proprio l’obiettivo del centrodestra: limitare l’intervento normativo agli articoli 580 (Istigazione o aiuto al suicidio) e 593 (omissione di soccorso) del codice penale.

Ma gli ex giallorossi non perdono le speranze e mettono in campo un ultimo tentativo di mediazione i cui margini, tuttavia, sono strettissimi. Sia Lega che Coraggio Italia hanno ribadito il loro ‘nò, pur offrendo la propria disponibilità a verificare, hanno spiegato in Aula Alessandro Pagano e Maurizio D’Ettore, se si può “migliorare il testo”, ma “nel complesso della norma resta la nostra contrarietà”, hanno scandito entrambi.
Tende la mano il Movimento 5 stelle: “Nell’ottica di una continuità rispetto al lavoro fatto in commissione, un lavoro di ascolto e sintesi, abbiamo intenzione di continuare questo lavoro e riteniamo verosimile che si possa ancora portare avanti un ragionamento ampio e condiviso per dare al Paese una norma di civiltà e soprattutto la più equilibrata possibile.

E visto che si parla tanto di centralità del Parlamento, credo che dobbiamo coniugare questo termine con un altro, responsabilità”, ha detto in Aula il relatore pentastellato Provenza.

I dem non si illudono, ma non sono pronti ad alzare bandiera bianca: “Mi auguro, a nome del Pd, che si arrivi a un voto finale sul provvedimento, anche un voto nel quale ci sia una maggioranza e una minoranza, ma che alla fine esca fuori un testo che dia risposte alla sofferenza di tante persone che non meritano di essere lasciate sole. Auspico che davvero” l’Aula sappia “dimostrare maturità”, ha sottolineato Walter Verini.

Sul lavoro del Parlamento ‘incombe’ il referendum promosso dall’Associazione Coscioni: si attende il ‘verdettò della Consulta il 15 e in molti, nel centrodestra, sperano che l’Alta Corte bocci il quesito, così che l’effetto domino – è l’auspicio – possa travolgere anche il testo della proposta di legge.

Un testo definito “assolutamente insufficiente” da Riccardo Magi, presidente di Più Europa. È di oggi il monito del Papa, secondo il quale non c’è un “diritto alla morte”. Il Santo Padre ha messo in guardia dal rischio di “derive inaccettabili che portano a uccidere. Dobbiamo accompagnare alla morte, ma non provocare la morte o aiutare qualsiasi forma di suicidio. La vita è un diritto, non la morte, la quale va accolta, non somministrata”.

Sempre oggi, infine, è nato il Comitato “contro il referendum”. Il testo sul fine vita, licenziato dalle commissioni Giustizia e Affari sociali della Camera lo scorso 9 dicembre e poi approdato in Aula per la discussione generale il 13, è stato profondamente modificato rispetto alla versione originaria, a seguito delle aperture di Pd, M5s e Leu alle richieste del centrodestra, aperture tuttavia ritenute insufficienti.

Tra le novità più importanti apportate al testo base, l’introduzione dell’obiezione di coscienza per medici e personale sanitario e una specificazione più stringente delle condizioni per poter accedere al suicidio assistito.
Un’altra modifica riguarda l’articolo sulla non punibilità: oltre allo ‘scudo’ per medici e sanitari, è confermata una sorta di ‘sanatoria’ per i condannati anche con sentenza di terzo grado per aver aiutato la persona a morire, ma vengono ‘ammorbidite’ le condizioni, inizialmente più dettagliate e stringenti.

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