“In 30 anni le cose sono peggiorate, moltissimo. Un bilancio, se un bilancio di può fare, è assolutamente negativo”. Giulio Di Donato resta sulle sue posizioni su Mani Pulite, nell’anniversario dell’arresto di Mario Chiesa che diede il via formale e mediatico all’inchiesta. “In questi anni sono stati eliminati i partiti che, pur con i loro difetti, rappresentavano un sostegno alla democrazia ed erano luoghi in cui si ragionava e si sviluppava un pensiero politico”, premette l’ex vice segretario del Psi all’Adnkronos.
“Oggi si può vedere che la democrazia è piena di incrinature, anche consistenti, populismo e sovranismo la schiaffeggiano continuamente, la spostano e la distorcono e prevalgono inesperienza e ignoranza -prosegue Di Donato-. Non che allora non ci fossero distorsioni e degenerazioni da correggere, ma l’idea di cancellare tutto si è rivelata funesta”.
Questo vale per il risvolto politico, per la magistratura invece? “Sono stati compiuti atti che giudico da un punto di vista storico deprecabile: il genocidio socialista, quello di una parte consistente della cultura cattolico popolare della Dc e il sacrificio di un uomo di grande livello e spessore, di uno statista come Craxi, lasciato morire. In qualsiasi altra condizione, non sarebbe andata così”.
Cosa ne pensa delle riflessioni, anche critiche, fatte negli anni e anche in questi giorni dai protagonisti dell’inchiesta? “Una autocritica importante è stata fatta da Borrelli poco prima di morire: se avessimo saputo avremmo evitato, ha detto più o meno -replica l’esponente socialista-. Nel tempo, sono venute fuori delle cose molto gravi, come il meccanismo truffaldino con cui il Pool si garantiva Gip amici rivelato dal Gip Salvini. Poi c’è stato Palamara. Insomma, mi pare ce ne sia un pò per tutti, che la situazione di crisi sia grave per tutti”.
Oggi, dopo 30 anni da Mani Pulite, quale può essere una soluzione per i problemi della magistratura e del rapporto tra politica-magistratura? “I provvedimenti della pur ottima ministra Cartabia possono fare poco -spiega Di Donato-. La vera partita si gioca al referendum. Serve una mobilitazione generale delle forze democratiche e garantiste per mettere in campo una riforma vera, radicale, della giustizia capace di smantellare il sistema di potere delle Procure, della magistratura ordinaria e di quella amministrativa”.