Di Felice Massimo De Falco
L’ozono è un gas serra inquinante, dannoso sia per l’ambiente che per la salute dell’uomo. Per questo l’Oms ha posto un limite alla sua presenza nell’aria, tuttavia superato da quasi tutte le aree urbane d’Italia.
Quando sentiamo parlare di ozono siamo soliti pensare allo strato gassoso situato nella parte più alta dell’atmosfera terrestre. E ai danneggiamenti – il cosiddetto buco dell’ozono – che subisce per via delle emissioni di inquinanti sul pianeta. Ma questo gas esiste anche più in basso.
Come spiega l’Organizzazione mondiale della sanità (Oms), l’ozono si forma infatti anche a livello del suolo terrestre, per via della reazione ai raggi solari di inquinanti e composti organici volatili, originati da veicoli, industrie e solventi. Questo lo rende un gas serra, altamente inquinante, che contribuisce al surriscaldamento globale e quindi al cambiamento climatico. Non solo, l’ozono rappresenta inoltre una minaccia alla salute dell’uomo, causando problemi respiratori, asma e malattie ai polmoni.
Il programma dell’Unione europea per l’aria pulita (“A clean air programme for Europe“, 2013) ha essenzialmente fissato l’impegno di adottare le linee guida dell’Oms per una buona qualità dell’aria. Sia in ottica di tutela ambientale che di protezione della salute umana.
L’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra) ha ideato, seguendo le linee guida dell’Oms, un indicatore che conta il numero di giorni in cui si registrano superamenti del limite di ozono nell’atmosfera (100 μg/m3). Dati che vengono raccolti attraverso le stazioni di monitoraggio dell’aria situate principalmente nelle aree urbane
Sono 77 giorni al di sopra del limite di ozono nell’aria, la media nazionale registrata nel 2019. Un dato quindi negativo rispetto alle raccomandazioni dalle Oms e che rappresenta un pericolo sia per l’ambiente che per la popolazione, specialmente quella che abita nei centri urbani, nelle città, vale a dire gran parte degli abitanti del nostro paese.
Si stima che solo per il 2% della popolazione urbana nazionale il numero medio di giorni di superamento del valore di concentrazione di 100 μg/m3 sia nullo come consigliato dall’OMS.
Attraverso i dati forniti da Ispra, abbiamo ricostruito le variazioni negli anni della popolazione urbana esposta a concentrazioni di ozono superiori a quelle raccomandate e quindi dannose per la salute.
Nei cinque anni osservati gli abitanti esposti in Italia sono aumentati di circa 1 milione, passando da circa 16 milioni nel 2015 a oltre 17 nel 2019. Una crescita pressoché costante in questo arco di tempo, fatta eccezione per il 2017, che aveva rappresentato un miglioramento rispetto al 2016.
Da sottolineare inoltre che tale crescita non è la conseguenza, come ci si potrebbe aspettare, di un aumento anche dei giorni di superamento del valore massimo di ozono (100 μg/m3). Questi anzi sono diminuiti dal 2015 al 2019, passando da 92 a 77 giorni.
I rischi per la salute dovuti a una concentrazione eccessiva di ozono nell’aria si aggravano anche a seconda di quanto spesso la presenza di tale gas supera il valore massimo.
Osservando i dati da questa prospettiva, emerge che quasi la metà della popolazione che vive nelle aree urbane oggetto di rilevazione è stata esposta, nel 2019, a oltre 90 giorni di superamento del limite di ozono nell’aria.
Le stazioni che registrano il maggior numero di giorni di superamento del limite di ozono sono concentrate tra Campania e Sicilia. Si tratta, tra le altre, delle aree urbane campane di Ariano Irpino – al primo posto con 225 superamenti – Avellino (156) e Caserta (153). E di quelle siciliane di Melilli (189), Enna (181) e Gela (160).
È interessante soffermarsi su questa evidenza: a differenza di molti altri inquinanti, l’ozono raggiunge le concentrazioni più alte in stazioni del sud Italia invece che a nord. Va sottolineato in questo senso che, come spiegato dall’Oms, l’ozono a livello terrestre ha origine a causa della reazione di altri gas ai raggi del sole e quindi tende a formarsi maggiormente nei periodi assolati.
Ciò non toglie che, come emerge chiaramente anche dalla mappa, sono numerose le aree urbane di comuni del nord Italia che hanno registrato oltre 90 giorni sopra il valore massimo. In primis la città ligure di Savona, con 136 sforamenti, seguita da Lugagnano Val d’Arda (Emilia-Romagna, 131 superamenti) e Valmadrera (Lombardia, 130).
In altre parole, la maggior parte delle aree urbane monitorate – dove quindi vive la maggior parte della popolazione urbana – ha registrato oltre 90 sforamenti. Un risultato che spiega anche il grafico visto in precedenza, sulla correlazione tra aumento degli sforamenti e crescita della popolazione esposta.
Fonte: Ispra e Openpolis