di Anna Adamo
Quella di Federica Granai, ventisettenne di Montelupo Fiorentino (Firenze), assunta dopo aver detto al datore di lavoro di essere incinta durante il colloquio, è una di quelle notizie che in realtà non dovrebbero fare notizia per nessuna ragione al mondo, in quanto dovrebbero essere considerate qualcosa di ordinario e non di straordinario.
Il semplice fatto che una vicenda del genere faccia notizia, però, ci permette di capire quanti ancora siano i pregiudizi che ruotano intorno all’essere madre e al voler al tempo stesso guadagnarsi uno spazio nel mondo del lavoro e soprattutto, quanto ancora si debba fare per dar vita ad una società in cui vi siano pari opportunità per tutti.
Perché, diciamoci la verità, il problema non è la gravidanza in se, ma il fatto che quest’ultima possa costituire un ostacolo da un punto di vista lavorativo. Come se una donna non fosse capace di fare due cose contemporaneamente. Come se una cosa escludesse l’altra. Come se il vero problema dell’ inclusione delle donne nel mondo del lavoro fosse la maternità. Ebbene si, avete capito bene. Il problema di tutte le donne non assunte, perché incinte, non è mai stata la maternità. O, almeno, la maternità è sempre stato solo ciò che fa da contorno a quello che è il reale problema, ossia il pensiero di una società maschilista, che ritiene le donne siano inferiori agli uomini e ancora oggi fa fatica ad attribuire a queste ultime il ruolo di professioniste e a riconoscere loro delle potenzialità, quindi non fa altro che nascondersi dietro il fatto che l’ essere madre possa rivelarsi una condizione invalidante, a tratti fastidiosa. Di dire che non sia così, non ce lo si può permettere, perché anche gli uomini sono padri eppure, di un uomo non assunto o licenziato solo perché sta per diventare padre, non sembra se ne sia ancora sentito parlare.
È inutile girarci intorno, ci ritroviamo davanti l’ennesima dimostrazione del fatto che sia più facile rompere un atomo che un pregiudizio. La storia di Federica non rappresenta nessun passo avanti verso le pari opportunità. Nessun pregiudizio sulla maternità è stato rotto.
Perché, si potrà veramente parlare di pari opportunità, quando le donne, prima di presentarsi ad un colloquio di lavoro, il problema dell’essere oppure no madri non dovranno neanche porselo. Quando le donne non dovranno più rinunciare ad essere madri per conquistarsi spazio nel mondo del lavoro. Quando essere madre lavoratrice non farà più notizia, perché sarà considerata normalità e non straordinarietà.
Fino a quando tutto questo non avverrà, significa che quanto fatto fino ad ora non è abbastanza e, purtroppo, c’è ancora tanto da fare per raggiungere le pari opportunità, quelle vere. Quelle che consentono alle donne di essere madri e al tempo stesso lavoratrici.