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15 Novembre 2024

Chi siamo

Il finanziamento pubblico ai partiti ed il rilancio della politica

di Massimo Ricciuti

E’ ora di rompere vecchi e demagogici tabù. E’ da trent’anni che la politica è stata costretta ad abdicare. Ha dovuto rinunciare al suo ruolo. Sotto i colpi di un populismo giustizialista i partiti politici hanno dovuto cedere il passo alla fine della democrazia liberale.
E’ stato un trentennio drammatico. Noi de IL PEZZO IMPERTINENTE non ci stiamo. E diciamo che è giunto il momento di dire “basta”! L’ abolizione del finanziamento pubblico ai partiti, decretato formalmente dal governo Letta, ma in realtà pietra tombale di un processo che viene da lontano, va rimesso in discussione. Tutto si evolve, nulla rimane uguale a se stesso. La società di oggi non è quella degli anni ‘cinquanta. Così come non lo era trent’anni fa. Così come ricordò Bettino Craxi nel suo celebre discorso alla Camera dei Deputati. Non possiamo immaginare una gestione del finanziamento ai partiti come fossimo nell’immediato dopoguerra.
I processi di finanziarizzazione dell’economia e i costi della politica ci impongono di superare la questione e affrontare il problema per quello che è. Contro ogni ipocrisia. Diciamolo chiaramente, anzi, ribadiamolo. La democrazia costa! Essere liberi ha un prezzo! Non è gratis. La costruzione del consenso e la rappresentazione di interessi sono questioni di una complessità incredibile. Non si può mettere la testa sotto il cuscino, né nascondere la polvere sotto il tappeto (anche perché non si tratta di polvere, e nel denaro non c’è nulla di scandaloso!). Per quanto ci riguarda non c’è nulla da nascondere ma di rivendicare! Rivendicare l’autonomia della politica e un nuovo protagonismo dei partiti politici, che sono i luoghi della partecipazione sociale e i luoghi in cui si esercita l’ elaborazione di visioni di società. Come ha ricordato il Direttore su queste pagine, ci sono diversi modi di permettere il finanziamento pubblico ai partiti politici.
C’è anche un sistema “misto”, il più avanzato. Quello che permette a soggetti privati, portatori di legittimi interessi di intervenire a sostegno di questo o quel partito, spesso anche in modo trasversale. Si chiama “lobbing”. E anche in questo siamo indietro. Basterebbe un registro dei gruppi portatori di interessi e ecco che tutto assumerebbe un carattere di trasparenza. E’ un’attività come un’altra. Tra l’altro molto professionale e presente ovunque. Infantile negarlo o rinnegarlo.
Ma siamo in Italia, il Paese del “si fa ma non si dice”. Basterebbe un “albo”… ma poi i giudici non avrebbero lavoro… Ecco che, anche sui referendum, Letta continua a inseguire il populismo a 5stelle. Vecchi impulsi. Antichi riflessi pavloviani che allontanano certa sinistra dall’Europa e da un concetto autentico di democrazia liberale. Si intravede una certa deriva orbaniana in questo. Si perpetua un modello di sovrapposizione tra potere giudiziario e politica. A scapito dei partiti e dei luoghi di partecipazione democratica. Non ci siamo proprio. Intravediamo un asse tra PD-M5S e Lega. Sempre quello. Quello del “tintinnar di manette”, dei cappi in aula etc.
Invece proprio oggi dobbiamo dire che il sistema giudiziario è stato scoperto in tutta la sua scelleratezza. Palamara ha scoperchiato il Vaso di Pandora. Cari giudici siete in fuori gioco. Adesso è il momento di una seria riforma della giustizia. Mettiamo dei paletti chiari! E riportiamo al centro la Politica con la P maiuscola. Ma per farlo occorre liberarci da tabù e pregiudizi. Ricordandoci che nulla è gratis. Il coraggio noi ce l’abbiamo. E’ il momento che ce l’abbiamo anche i diretti interessati!

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