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18 Novembre 2024

Chi siamo

“Nude allo specchio”, ecco Roberta Basile, l’occhio che cattura il dettaglio

Di Felice Massimo De Falco

Roberta Basile Nasce a Napoli il 1982.
A quindici anni inizia la passione per la fotografia e l’arte, durata circa un paio d’anni perché non incoraggiata a livello scolastico a causa dello scarso rendimento presso il Liceo sociopsicoedagogico.
Dopo il diploma inizia la carriera presso il gruppo Poste, intorno ai 24 anni si iscrive ad un corso base di fotografia e compra una reflex entry level.
Dopo questo corso inizia a conoscere importanti fotografi e artisti del panorama napoletano e comincia ad organizzare corsi di fotografia e fotogiornalismo e partecipare alle lezioni. Parallelamente inizia a guadagnare con la fotografia documentando mostre di arte contemporanea e vernissage e facendo da assistente a due molto noti fotografi cerimonialisti ai quali deve tanto, quindi si dimette dalla sua posizione lavorativa da impiegata e sempre più si dedica alla fotografia come stile di vita e lavoro. Dopo aver frequentato workshop organizzati da lei stessa con Mario Laporta, entra nel team della sua agenzia fotogiornalistica e documenta sbarchi di migranti, conclave, eruzioni, miracolo di San Gennaro, politica, cronaca nera, con uno sguardo sempre rivolto ai temi sociali. Quasi subito ha le prime soddisfazioni con la pubblicazione di alcune foto di un incidente ferroviario su La Stampa e poi in seguito una prima pagina con la visita dell’allora presidente del consiglio Mario Monti presso il Teatro San Carlo.
Nel 2015 fonda una propria agenzia fotogionalistica di nome KontroLab in società con Salvatore Laporta, Mario Laporta, Carlo Hermann e Alfonso di Vincenzo.
Nel 2017 la sua prima mostra fotografica personale,Noi Vivi, presso la Galleria Kromia curata da Diana Gianduiotto con la direzione artistica di Donatella Saccani.
Collabora di tanto in tanto con AFP e Ap come stringer.
Dal 2017 al 2019 lavora come fotografa al Corriere del Mezzogiorno, terminata l’esperienza entra con orgoglio nel team New Fotosud come risorsa in supporto ai fotografi Sergio Siano, Renato Esposito, Antonio di Laurenzio e Alessandro Garofalo.
Il Corriere della Sera, La Stampa, il Manifesto, Corriere del Mezzogiorno e Mattino di Napoli hanno pubblicato prime pagine con sue fotografie, inoltre ha pubblicato su L’ Avvenire, Repubblica Napoli, Gente, 20min (Germany), AFP bb New Giappone, CBC,  I4U News, Irishtimes,  RT Question More USA, RT Sepa Mas (Spagna), Donna Moderna, Famiglia Cristiana,The Guardian. Nel 2014 e’ tra i primi 100 scelti al PHOTOLUX LEICA TALENT 2014.
Rolling Stone, CBC, il Daily Mail pubblica un’articolo con le migliori foto del 2015 tra le quali è presente un suo ritratto di Papa Francesco in visita a Napoli.
Oggi il suo interesse verte particolarmente su tematiche sociali, manifestazioni politiche di antagonisti e soprattutto é molto introdotta nel mondo lgbt, infatti attualmente segue una factory di giovani drag queen.

Roberta si mette “a nudo” per noi

  • Tanta gavetta e poi straordinarie soddisfazioni. Qual é stato il momento in cui hai svoltato la praticamente?

Ritengo che la gavetta sia un momento fondamentale nella vita di un fotografo, non tanto per imparare la tecnica, che comunque è fondamentale da studiare ed è molto più facile apprendere con la pratica che con lo studio e la teoria, a per comprendere e successivamente sposare lo stile di vita che la professione impone e come relazionarsi alla committenza.
Il punto di svolta in quella che posso definire la mia carriera in fotografia non è mai avvenuto o posso dire che avviene ogni volta che vedo un mio lavoro pubblicato su qualche quotidiano o rivista. Nel fotogiornalismo, anche se si ottengono molti successi con validi reportage e pubblicazioni, ogni giorno bisogna ripartire daccapo, proprio come se si fosse ancora principianti, per lo stesso principio è molto frequente che il fotografo viva una condizione economica molto altalenante, con periodi di grande benessere e periodi di vera e propria indigenza, che molto spesso mi hanno costretta a cercare lavori momentanei per andare avanti. Paradossalmente questi periodi di distacco alla professione sono quelli in cui ho visto e immaginato le più significative immagini mai realizzate, inoltre proprio in questi momenti ho capito di quanto la macchina fotografica fosse per me un mezzo fondamentale per esprimermi, un mio linguaggio a tutti gli effetti.

  • Cosa ricerchi con l’obiettivo?

Mi ha sempre stimolato molto fotografare attimi in cui il caos prende forma e acquisisce un significato, un ordine casuale ma preciso, motivo per il quale amo raccontare Napoli e non ho mai sentito l’esigenza di trasferirmi altrove o fotografare altri luoghi. Questa città mi appaga completamente dal punto di vista creativo e sento di riuscire a comprendere molto bene le sue dinamiche e di conseguenza essere in grado e avere il dovere di raccontarle.

  • Cosa deve trasmettere una foto?

Una fotografia riuscita secondo me deve avere contenuti profondi, una composizione complessa quanto più spontanea possibile. In sostanza trovo le regole compositive per la riuscita di una fotografia qualcosa da sovvertire, le mie immagini più interessanti sono spesso il frutto di un “errore”, tipo sovraesposizione, mosso. Quando sei parte di un momento che ti coinvolge emotivamente puoi non avere la lucidità di regolare bene tempi, diaframma e scegliere l’ottica perfetta e cercare di non imporsi troppi parametri secondo me è il presupposto essenziale nella ricerca della propria cifra stilistica e ciò che fa comprendere realmente all’osservatore quello che il fotografo vuole comunicare.
Molto spesso mi è capitato di voler trasmettere attraverso un’immagine odori, sensazioni mie, percezione delle sensazioni vissute dal soggetto ritratto.

  • Che stile di fotografia ti piace e perché?

Sono molto sensibile all’arte contemporanea e quindi amo i diversi genere di fotografia, dal ritratto allo still life, alla fotografia paesaggistica. Il fotogiornalismo permette di utilizzare tutti questi generi, ed è a mio parere la forma più interessante di linguaggio, anche se in Italia, troppo spesso molto vincolato dallo stile editoriale della rivista di riferimento, del photoeditor o del direttore del giornale dal punto di vista compositivo e dei contenuti, questo diventa molto spesso una sorta “prigione” nella quale il fotografo deve operare se vuole pubblicare suoi lavori e quindi guadagnare. Quindi sempre più il fotogiornalismo mi appassiona come linguaggio, ma mi allontano parallelamente sempre più dalla professione, per come è concepita in Italia.

  • Le tue foto sono su tutti i grandi network giornalistici. Ricordi la prima volta?

Fui contattata dall’agenzia per raggiugere il luogo di un incidente ferroviario della circumvesuviana che deragliò. Sul posto c’erano molti colleghi davvero bravi, per raggiugere il luogo dell’incidente fummo costretti a eludere il fermo delle forze armate e attraversare dei binari ferroviari. I miei colleghi correvano molto più veloci di me e io stavo per essere raggiunta dalla vigilanza e fermata, ad un certo punto mentre correvo notai che c’era una sorta di belvedere recintato da un muretto che affacciava sulla scena, quindi mi fermai mentre i miei colleghi raggiunsero il luogo dell’incidente. Dissi alla vigilanza che avrei rinunciato e loro andarono via, solo a quel punto mi affacciai e riuscii a fotografare la scena per intero dall’alto del treno deragliato, i soccorsi, il sindaco, i feriti e i pompieri. Il giorno dopo a stampa scelse una mia immagine molto grande per accompagnare un articolo sulla vicenda e per me fu una grande soddisfazione perché ero riuscita a sfruttare i miei punti deboli per raccontare qualcosa da un punto di vista differente dagli altri colleghi e quindi originale.

  • Affermi che ti occupi di sociale. In che modo?

Non mi occupo di sociale, ma mi è sempre piaciuto raccontare le storie delle minoranze, che in qualche modo è come occuparsi in minima parte di sociale. Mi interessano le manifestazioni dei disoccupati, sempre molto significative a Napoli, ho seguito per qualche tempo il gruppo Bros ed ho avuto la fortuna di fotografare Consiglia Terracciacano, una storica attivista, una combattente per il diritto al lavoro e alla casa. Sono sempre stata presente alle manifestazioni di immigrati e antagonisti politici contro in razzismo, quelle dei Centri sociali per i diritti alla casa reddito e una maggiore sensibilizzazione della politica verso le persone. Sono stata e sono molto vicina al mondo LGBT, e ho stretto una forte amicizia con Loredana Rossi, leader delle transessuali a Napoli, grazie al suo impegno politico ho potuto fotografare le prime trans che hanno ottenuto i documenti d’identità in base alla percezione dell’identità di genere, il primo matrimonio in Italia tra una trans e un uomo eterosessuale.
Mi è capitato di trascorrere la Pasqua fuori ad un campo rom creato a ponticelli con cancelli chiusi e sorvegliati dalle forze dell’ordine perchè i residenti non accettavano la presenza del campo nel quartiere e di assistere all’umanità di padre Alex Zanotelli che trascorreva la sua Pasqua insieme agli ultimi. Ho fotografato Vittorio Passeggio, del comitato Vele, grazie al quale si sono ottenute le prime liste e poi attribuzioni delle case popolari per gli abitanti delle Vele e di Scampia. Ho seguito la battaglia degli abitanti della Sanità che ci fu contro la chiusura del pronto soccorso dell’Ospedale San Gennaro. Battaglia combattuta dallo stesso Zanotelli e Francesco Ruotolo, noto attivista del quartiere Sanità, che ha perso la vita durante il covid proprio per a mancanza di strutture che potessero ospitarlo durante l’emergenza.

Segui anche un gruppo di drag queen. Di cosa hanno bisogno gli LGBT per essere definitivamente legittimati dalla società?

Attualmente sto seguendo il gruppo Haus (House ?) of Swan, che ha come leader Christian Addattilo e Nicola di Fiore, ina arte Miss Odette, giovani molto affiatati che di giorno hanno una vita professionale di successo e di notte si trasformano in Drag Queen e organizzatori di eventi come Miss Drag Quen Campania. Trovo che il movimento LGBT sia riuscito ad ottenere importanti risultati per i diritti, ma ora è necessaria una narrazione non sensazionalistica delle loro storie, ma del racconto dell’impegno e del coraggio che impiegano quotidianamente per abbattere il muro di discriminazione e pregiudizio che li ha oppressi fino ad oggi a cominciare troppo spesso dalle proprie famiglie.

  • La pandemia non ti ha di certo fermata. Se dovessi catturare un’immagine di questo periodo, quale sarebbe?

Durante la pandemia non sono stata ispirata a fotografare le strade vuote, mi faceva soffrire davvero troppo questa condizione di isolamento. Ho cercato di documentare come i napoletani reagissero a questa catastrofe con grande spirito di comunità, resilienza e osservanza delle regole.
Alcune persone in città affrontarono un periodo di grande indigenza per la mancanza di lavoro (a nero), fenomeno tipico del mezzogiorno, ma furono aiutate e sostenute con le spese solidali, il paniere solidale, da altri abitanti meno in difficoltà, non dalla borghesia, non dalla politica o dalla classe dirigente di questo paese. Ricordo che fu fatta una colletta di quartiere per una famiglia composta da giovani con bambini piccoli (che erano) rimasti senza casa e quindi alloggiati in auto, grazie a degli sconosciuti in pochi giorni ebbero una casa dignitosa e completamente arredata.

  • Sei soddisfatta della classe politica che ci governa?

Trovo troppo spesso la classe dirigente più impegnata a mantenere poltrone che a tentare di sostenere e sopperire alle esigenze di un paese in enorme difficoltà. C’è una narrazione di tanti media mainstream riguardo una fantomatica ripresa economica post covid che in realtà non è percepibile dalla classe media e povera che è stata completamente schiacciata economicamente.

  • La fotografia ha un ruolo esistenziale per te?

La fotografia per me è solo un mezzo espressivo e per me non ha alcun valore intrinseco, ho la fortuna di essere creativa e avere qualcosa da raccontare, non escludo che potrei appassionarmi anche ad altre forme espressive.

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