Di Felice Massimo De Falco
La procreazione assistita consiste in un insieme di tecniche che permettono il concepimento anche in caso di infertilità. I trattamenti possono essere più o meno complessi. Nel caso della fertilizzazione in vitro, ad esempio, l’ovulo e lo spermatozoo sono uniti in laboratorio. Mentre l’inseminazione artificiale prevede semplicemente l’inserimento di un campione seminale preparato ad hoc all’interno dell’utero. In alcuni casi, si può ricorrere anche a ovociti o spermatozoi donati da individui fertili.
In molti paesi europei queste tecniche sono messe a disposizione e anche finanziate dalla sanità pubblica. Tuttavia, persistono numerose barriere di vario genere, che spingono migliaia di persone ogni anno ad andare all’estero per ricercare trattamenti più facilmente accessibili. In alcuni casi, dovendo ricorrere a mutui per poterselo permettere.
Molti paesi Ue, tra cui anche l’Italia, hanno problemi di approvvigionamento di spermatozoi. Eppure, il trasporto è relativamente semplice perché lo sperma si danneggia poco tra congelamento e scongelamento. Non è questo il caso degli ovuli invece. La loro sensibilità al freddo e a vari altri fattori li rende difficili da trasportare e quindi molte delle persone che ne hanno bisogno sono costrette a recarsi fuori dai confini del proprio paese per evitarne gli spostamenti.
Secondo un recente studio, circa il 5% delle operazioni di procreazione medicalmente assistita richiedono spostamenti tra stati. Le destinazioni più popolari sono Spagna, Repubblica Ceca, Danimarca e Belgio. Nel 2019 ad esempio le cliniche di fertilità in Spagna hanno effettuato oltre 18mila cicli di trattamento su persone provenienti dall’estero, la maggior parte dalla Francia e dall’Italia.
Diversi milioni di bambini sono nati grazie alle tecniche di procreazione medicalmente assistita. Molte di queste nascite hanno previsto uno spostamento tra stati, spesso a causa delle molteplici barriere legali imposte nei paesi di residenza.
8 milioni di bambini sono nati grazie alla riproduzione assistita in Europa, negli ultimi 40 anni.
La metà dei paesi Ue impedisce alle coppie di donne di accedere alle tecnologie. Mentre un terzo estende questo divieto alle donne single. Ma ci sono anche altre barriere, come l’età o il numero di cicli che viene finanziato dal servizio sanitario pubblico. A volte invece il problema sono i lunghissimi tempi di attesa, come nel caso della Francia, o i costi molto elevati, o la bassa qualità delle tecnologie disponibili, o ancora la mancanza di anonimato nelle donazioni.
Per via dell’elevata domanda, alcune delle cliniche più rinomate hanno aperto sedi anche all’estero.
Chi viaggia alla ricerca di trattamenti sceglie la meta a seconda dei propri bisogni specifici. Ad esempio, nel 2019 in Spagna il 54,3% dei trattamenti di fecondazione assistita effettuati da pazienti stranieri riguardavano ovuli donati (prima degli spermatozoi donati e dell’inseminazione artificiale). Mentre in Repubblica Ceca, nel 2017, le donatrici di ovuli erano residenti nel 99,7% dei casi, mentre la maggior parte dei riceventi erano stranieri (86,3%).
Al contrario, la Danimarca è tra i paesi con più donazioni di sperma per pazienti di altri paesi. Infatti, secondo l’autorità danese per la salute e la medicina, il 55,5% delle inseminazioni da donatori, in Danimarca, hanno coinvolto donne straniere. La legislazione in materia è infatti piuttosto morbida.
Attraversare confini comporta, in molti casi, una spesa consistente. Tutti questi paesi destinazione di turismo riproduttivo hanno qualcosa in comune: la legislazione permissiva e l’alto tasso di successo, che li hanno resi destinazioni attraenti per migliaia di persone.
Non è ancora chiaro se il turismo riproduttivo causerà un aumento di prezzi, a svantaggio dei pazienti autoctoni.
Come la Spagna, anche la Repubblica Ceca è una destinazione popolare, per via della qualità della cura e dei prezzi accessibili. Sta emergendo però la preoccupazione che i numerosi arrivi dall’estero rendano più difficile ai cittadini autoctoni l’accesso al servizio.
Questo è evidente dal report del 2017 dell’istituto di informazione e statistica sulla salute, che evidenzia il rischio che l’aumento dei prezzi renda i trattamenti difficilmente accessibili per i residenti cechi. Mentre gli specialisti di fertilità spagnoli escludono che questo possa succedere in Spagna perché la donazione di ovuli è usata frequentemente anche dai residenti locali e perché i meccanismi di competizione tra le varie cliniche private lo dovrebbero prevenire.
Fonte: Openpolis.it