di Carmelo Conte*
Negli ultimi trent’anni, i Presidenti della Repubblica pro tempore, a fronte dell’incapacità dei partiti a farsi carico delle crisi ricorrenti, hanno chiamato alla guida del Governo personalità del pianeta Banca d’Italia e del mondo universitario, legittimando la scelta con un’interpretazione evolutiva della Costituzione, definita, con evidente forzatura , “materiale”. Per ultimo è toccato a Draghi, il cavaliere bianco che dovvrebbe realizzare quello che non è riuscito ai suoi predecessori tecnici: implementare (termine rilanciato da due scrittoeri americani con il libro “”Implementation”) ciò che si programma e decidere con l’attuazione del deciso, quello che un tempo, bene o male, facevano i patiti ideando e governando.
Draghi sta cercando di riempire la prima “vacatio”, quella del diritto scritto (law in book), ma non altrettanto si può dire di quella del diritto in azione (law in action), l’attuazione del deciso. E su questo si parrà la sua nobilitate, una prova ad alto rischio, se egli, un senza partito per definizione, non si farà “politico” e se i “partiti” a loro volta senza partito, ovvero senza più ideali e programmi identitari, continueranno a cercare di affermarrsi disarticolandosi nel Parlamento, vedi per ultimo la riforma fiscale, e “sloganando” sui media, senza curarsi della ricaduta sociale dei provvedimenti.
Il populismo e il nullismo ideologico sono brutti consiglieri, lo mettano in conto i progressisti.
*gia Ministro della Repubblica