Atleti, amanti dello sport, pazzi per il calcio, uniti dal sogno di indossare la maglia azzurra. Ma per loro sfidarsi campo è anche una cura contro le malattie mentali delle quali soffrono. Anche i pazienti ospitati in strutture sanitarie campane potranno avere la possibilità di entrare nella squadra di ‘Crazy for football’, la nazionale italiana di calcio a 5 per persone con problemi di salute mentale, detentrice del titolo mondiale. Oltre 20 atleti, già preselezionati e divisi per ruolo, hanno partecipato, nel centro sportivo Cercola (Napoli), alle selezioni ufficiali per la Campania dei nuovi giocatori della nazionale italiana di calcio a 5 per arricchire la rosa della squadra che parteciperà alla prossima Dream world cup. “Per queste persone indossare la maglia della nazionale significa un po’ nascondere lo stigma della malattia mentale, cioè quello ‘stemma’ di cattiva qualità che spesso porta le persone a nascondersi e non accedere alle cure migliori. La grande motivazione di vestire la maglia azzurra farà in modo che i nostri giocatori trovino lo stimolo ad alzarsi dal letto per allenarsi”, ha spiegato alla Dire lo psichiatra Santo Rullo, ideatore del progetto. “Le persone con problemi di salute mentale – ha aggiunto – devono prendere farmaci che rendono sedentari anche per tutta la vita. Più tempo riescono a trascorrere praticando esercizio fisico e facendo sport, minori sono le possibilità di sviluppare malattie cardiovascolari, obesità e malattie dismetaboliche che per le persone con patologie psichiatriche tendono a ridurre del 20% l’aspettativa di vita media. Questo sembra un gioco, ma in realtà è a tutti gli effetti un intervento sanitario”. Tutto è cambiato con la legge Basaglia e la decisione di chiudere i manicomi. “All’interno del manicomio – ha detto lo psichiatra – il campo di calcio, il teatro e il bar erano luoghi dove vivere momenti non di inclusione, ma di esclusione: le persone giocano esclusivamente per passare il tempo. Invece, adesso l’idea è quella di portare sempre più le attività a non essere esclusivamente intrattenimento, ma parte di un progetto di vita”. Enrico Zanchini è il ct della nazionale italiana ‘Crazy for football’ e ha diretto le sedute di allenamento insieme al suo vice Riccardo Budoni. “Non posso più rinunciare a questo progetto, per me ormai – ha detto Zanchini – questa maglia è una seconda pelle. Questo ruolo mi dà grandissime soddisfazioni, sul piano sportivo oltre che umano: incontro persone che mi arricchiscono”. L’obiettivo di mister Zanchini è bissare il successo del 2018, quando la ‘Crazy for football’ ha vinto il mondiale di calcio a 5 per atleti con problemi psichiatrici. “Queste selezioni – ha aggiunto il ct – ci consentono di perseguire il nostro obiettivo: diventare sempre più forti e vincere anche la prossima edizione della Dream world cup. Per questo stiamo selezionando atleti in tutta Italia. In questa giornata abbiamo individuato un paio di elementi interessanti, ma poi saremo in Lombardia e vogliamo svolgere selezioni anche in Sicilia e in Sardegna. L’importante è che i ragazzi oggi si siano divertiti e abbiano vissuto una mattinata di calcio a cinque vero, con un allenamento di alto livello. È stata una giornata di vero sport agonistico”. I successi della ‘Crazy for football’ non sono solo sportivi perché il primo mondiale disputato dalla squadra è diventato la trama di un documentario, intitolato proprio ‘Crazy for football’, vincitore di un David di Donatello e menzione speciale ai Nastri d’Argento, che racconta l’esperienza vissuta dalla squadra. Tra i partner del progetto, per la tappa campana delle selezioni, l’educatore in servizio all’Asl Luciano Evangelista e fondatore di ‘calcio Insieme’, che da 28 anni consente ad atleti con malattie psichiatriche di sfidarsi in un vero campionato di calcio. Alcuni suoi pazienti hanno preso parte alle selezioni di oggi. “Per noi – ha detto Evangelista – questo momento rappresenta il massimo della gratificazione. Finalmente abbiamo l’opportunità di far capire, a quanti ancora oggi hanno dei dubbi, che la salute mentale ha bisogno necessariamente dell’aspetto sociale, di inclusione. Non bastano operatori o psichiatri coraggiosi per consentire ai nostri pazienti di vivere una vita dignitosa. Crazy for football trasmette un elemento: l’entusiasmo. Altrimenti, i nostri pazienti continueranno a schivare l’umanità come sono abituati a fare”. Massimiliano Cresci lavora in Emme Due, struttura di Sessa Aurunca (Caserta) e oggi ha accompagnato quattro pazienti ad affrontare le selezioni. “Il loro pensiero fisso era entrare a far parte della nazionale. Per loro – ha raccontato – giocare a calcio significa sentirsi importanti, il calcio è la migliore cura mentale. Ieri sera erano molto tesi, ansiosi di incontrare l’allenatore. Qualcuno non ha dormito pensando all’irripetibile occasione di stamattina”.