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15 Novembre 2024

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L’AdBlue scarseggia e i camion si fermano. Senza Russia rischio default. Cos’è e perché le scorte stanno finendo

Di Felice Massimo De Falco

Si narra di camionisti che vagano da un’area di servizio all’altra in cerca di una pompa ancora in grado di erogare l’AdBlue, senza poter spegnere il motore con il rischio di non poterlo riavviare. Il prezioso liquido è in esaurimento anche nei negozi delle grandi catene di hobbystica, nei quali le taniche in plastica vanno via come l’acqua minerale nei supermercati. Nato per tagliare fino all’90% delle emissioni di ossidi di azoto dei motori diesel Euro 6, l’AdBlue è una soluzione di urea e acqua che annovera il metano quale componente essenziale nel processo chimico di produzione. E le ridotte scorte del gas naturale, insieme al prezzo che ha toccato livelli mai visti, ne stanno rallentando gli approvvigionamenti. Un problema che rischia di paralizzare il trasporto su gomma, perché senza l’AdBlue i moderni motori diesel semplicemente si fermano e non si riavviano fino a quando non vengono riforniti. Se alla mancanza del liquido ammazza-zolfo sommiamo l’impennata dei costi di rifornimento dei tir alimentati a metano, scelta “green” fatta da molte aziende di trasporto, e la diminuzione di autisti disponibili (chi per mancanza di Green Pass, chi perché andato a lavorare all’estero), il quadro della logistica si fa veramente pesante.

Il liquido in questione è l’Aus32 (Aqueous Urea Solution 32.5%), una soluzione al 32,5% di urea tecnica di alta qualità (bassi contenuti di calcio, metalli, biureto, etc.) in acqua demineralizzata. AdBlue è il marchio registrato dalla Vda (l’associazione tedesca dei costruttori di veicoli), che ne garantisce gli standard qualitativi in conformità alla specifica Iso 22241. Una miscela impura o non conforme, infatti, può danneggiare irreparabilmente il catalizzatore del veicolo. La produzione di AdBlue avviene attraverso un processo di sintesi, attraverso la quale si ottiene ammoniaca e l’urea, sua derivata. Le materie prime necessarie sono l’azoto, ottenuto attraverso la distillazione dell’aria, e l’idrogeno, estratto dal metano. L’urea viene utilizzata anche in agricoltura come fertilizzante, destinazione del prodotto di minore qualità, di conseguenza solo la parte minore del prodotto viene utilizzato per generare l’AdBlue. E la produzione richiede un massiccio impiego di metano: per ogni litro di liquido occorre un kg di gas naturale.

Le basse scorte di metano e il prezzo schizzato alle stelle (fenomeni che Gazzetta Motori ha già analizzato e descritto ) rendono difficile produrre l’AdBlue in quantità tali da soddisfare la domanda. E se questo non avviene, si ferma la distribuzione: i camion diesel Euro 6 sono dotati di un sensore che, all’esaurimento del liquido, permette di continuare a marciare solo fino allo spegnimento del motore, impedendone il successivo riavvio. Paradossalmente, c’è rischio che possano continuare a circolare i mezzi più vecchi ed inquinanti, mentre quelli più nuovi ed efficienti rimangono fermi in attesa di rifornirsi di AdBlue. E chi ci riesce lo fa a prezzi decisamente più alti che in passato, dal momento che il costo dell’additivo è passato da 230 euro la tonnellata a quasi 500 euro. Natalino Mori, vicepresidente di Fai Nazionale (Federazione Autotrasportatori Italiani) ha lanciato il grido d’allarme dalle pagine del Resto del Carlino: “Il gasolio è arrivato a costi insostenibili che non si riesce a scaricare sui costi del trasporto. Il costo del Gnl, per chi ha investito su mezzi sostenibili, in pochi mesi è passato da 0,80 a 2,2 euro al chilo. Costi che impattano sull’economia di una azienda di trasporti per il 25% del fatturato. Il prezzo dell’AdBlue è triplicato ed è difficile da reperire. Ci sono aziende che pur di non aggravare le perdite si stanno fermando”. Un quadro certamente complicato, che ha bisogno di iniziative rapide e concertate a livello europeo per rientrare nella normalità.

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