di Anna Adamo
É apparsa con dignità. L’hanno definita così, la prima apparizione pubblica post Covid-19 della Regina Elisabetta. E si, l’ apparizione dignitosa lo è stata per davvero.
Del resto, quando si tratta della Regina, la dignità non manca mai, non lo si può di certo negare.
Peccato che, a non essere all’altezza della dignità messa in campo da quest’ultima, sia stata la frase con la quale, di questa apparizione, si è parlato.
Perché, quella frase, lascia intendere il fatto che a rendere dignitosa l’ apparizione sia stato che la Regina non fosse in sedia a rotelle. Come se la dignità di una persona si possa determinare da una sedia a rotelle.
Come se, chi è in sedia a rotelle, non abbia dignità. E allora, ecco che viene fuori sempre il solito problema.
E no, la Regina non c’entra, lei è stata solo la goccia che ha fatto traboccare il vaso e ha fatto venir fuori il problema per l’ennesima volta. La verità, è che tutto ruota intorno alla strumentalizzazione, alla narrazione compassionevole e piena di pietà che ogni volta si mette in campo quando si parla di disabilità.
É questo il problema: l’enorme fatica che ancora oggi si fa nel considerare la disabilità una parte del mondo e non un mondo a parte. No, non si dica che non sia così o che per ciò che concerne i diritti delle persone con disabilità sia stato fatto tanto.
Perché, pur essendo stato fatto tanto, è evidente che non sia abbastanza. Se la mentalità è ancora questa, vuol dire che tanto ancora c’è da fare. Vuol dire che dell’inclusione di cui solitamente siamo così bravi a parlare per prenderci tutta la visibilità del mondo, non abbiamo capito un bel niente e siamo lontanissimi dall’ottenerla. Lo si evince dal fatto che una sedia a rotelle, delle stampelle, o semplicemente una persona che ha un modo diverso di camminare o di fare le cose rispetto a tanti altri, siano visti come un peso, come un qualcosa capace di rallentare e ostacolare il percorso di vita dei cosiddetti normodotati.
Quello che probabilmente chi parla di disabilità senza avere, per sua enorme fortuna, mai avuto alcun contatto diretto con quest’ultima non sa, é che per molti disabili la sedia a rotelle, le stampelle o camminare, anche se in modo diverso rispetto agli altri, rappresenti la libertà, la luce in fondo al tunnel, la quale permette veramente di dire che di vivere ne valga la pena, nonostante tutto.
Esiste qualcosa di più dignitoso di questo?
Esiste qualcosa di più dignitoso di una persona che non si vergogna di ciò che è, che riesce ad essere sé stessa nonostante patologie dai tratti invalidanti, di cui ricordiamo non avere alcuna colpa, pur sapendo di avere mille motivi per non esserlo?
No. E lo sappiamo bene tutti. Così come sappiamo che dire “la Regina sia apparsa con dignità, perché senza sedia a rotelle”, sia stato quanto di più mortificante e offensivo si possano sentire dire non solo le persone con disabilità, ma anche le persone normodotate che mai dovrebbero dimenticare nessuno sia immune dal poter diventare, per una qualunque ragione, in un qualsiasi momento della vita, disabile.
La dignità, quella vera, non risiede in una condizione fisica.
Risiede nei comportamenti. Nella capacità di andare oltre certi stereotipi. Risiede nel dare un peso alle parole che si dicono, soprattutto se si ha consapevolezza del fatto che queste ultime verranno ascoltate da tantissime persone. Risiede nel capire che la disabilità, l’apparire su una sedia a rotelle o con delle stampelle sia una cosa normale.