di Anna Adamo
La senatrice a vita Liliana Segre ha fatto ricorso al mondo del web, in particolare all’imprenditrice digitale Chiara Ferragni, affinché utilizzi il suo potere da influencer per avvicinare i giovani al Memoriale della Shoah.
“Mi piacerebbe molto incontrare Chiara Ferragni e invitarla a visitare insieme a me il Memoriale della Shoah di Milano. So che vive a Milano e so quello che fa. Ho visto che insieme al marito si è impegnata su diversi temi di importanza sociale, è sicuramente una donna attenta anche ad argomenti diversi da quelli che riguardano il suo lavoro legato alla moda. Quindi, perché no? Sarebbe interessante conoscerla e poter venire assieme qui, davanti a questa grande scritta “Indifferenza” che io ho voluto fosse messa all’ingresso del Memoriale, proprio perché è questo oggi il problema da risolvere” ha spiegato la senatrice.
L’apertura
L’apertura al mondo del web da parte della Segre, inutile negarlo, mette in risalto due grandi problemi che attanagliano la società odierna. Da una parte, infatti, vi è l’indifferenza con la quale i giovani guardano al passato, alla storia. Vi è la mancanza di interesse che questi ultimi mostrano verso una delle più grandi tragedie di tutti i tempi, nel corso della quale vittime innocenti sono state strappate brutalmente alla vita.
Dall’altra vi è l’ incapacità degli adulti, di chi dovrebbe occuparsi della formazione dei ragazzi, di far comprendere loro l’importanza di avvenimenti come la Shoah per far si capiscano che crimini di questo tipo non vadano sottovalutati e soprattutto dimenticati.
Ebbene si, il fatto che si debba pensare ad un’ influencer come Chiara Ferragni per avvicinare i giovani alla Shoah, mette in risalto quanto poco siano autorevoli gli adulti.
E no, non si dica che al giorno d’oggi il web sia protagonista, di conseguenza farvi ricorso è normale, perché in questo caso è una scusa che non regge.
Ben venga il progresso, un corretto utilizzo del web, ma che quest’ultimo venga utilizzato per parlare di avvenimenti che con le influencer hanno ben poco a che fare, non lo si può accettare.
O meglio, non si può accettare che abbiamo lasciato il web prendesse il sopravvento sulle nostre capacità di raccontare e far capire ai giovani quello che è accaduto in un passato di cui siamo stati senza ombra di dubbio protagonisti.
Diamo a Cesare quel che è di Cesare, almeno per una volta.
Non limitiamoci sempre a prendere la strada più facile, quella che ora più che mai conviene.
Piuttosto, lottiamo fino all’esaurimento delle forze per far valere le nostre idee, i nostri racconti, la nostra parola. Lottiamo per far si che i giovani ci ascoltino.
Se non siamo capaci di fare tutto ciò, facciamo il possibile per diventarlo, ma non arrendiamoci ai diktat di una società virtuale che ha quasi annullato la realtà.
E soprattutto, lasciamo che ognuno faccia il proprio lavoro. Lasciamo che gli influencer facciano gli influencer, perché che piaccia o no, questo genere di lavoro con il sociale e con certi momenti storici ha ben poco a che fare.