La funzione rieducativa della pena è scolpita nella Costituzione.
Il suo riconoscimento nell’articolo 27 della Costituzione, il quale recita che “Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato”.
Se è vero tutto questo, e deve esserlo, non ha senso scandalizzarsi sul tema ‘sesso in carcere’.
Storceranno il naso benpensanti ed ipocriti, demagoghi e seminatori di odio, ma c’è nulla di male.
Impedire ad una persona di avere una propria sessualità per anni è tortura. Consentirlo è pagina di civiltà.
Ed allora il via libera arrivato in contemporanea sia dal ministero della Giustizia che dal ministero dell’Economia e delle finanze alle ‘casette’ negli istituti penitenziari va nella giusta direzione.
Grazie allo sblocco di Marta Cartabia e Daniele Franco ora ci sono i 28,3 milioni di euro che serviranno alla nuova legge sulle “relazioni affettive dei detenuti”. Ora toccherà alla commissione giustizia del Senato.
Si immaginano venti casette dell’amore, per carità bruttissimi prefabbricati, che serviranno ad ospitare detenuti in regime di carcerazione duro e che quindi non possano godere di permessi premio, fino a un massimo di 24 ore consecutive al mese, per fare sesso con la propria consorte, fidanzata, amata.
Molti diranno che non è una emergenza, poi in questo momento. È ritornello che capita spesso quando bisogna costruire percorsi di civiltà che vanno contro la vulgata.
Si…non sarà l’emergenza perché l’emergenza è superare il sovraffollamento, costruire condizioni più dignitose. Non lo sarà ma è buona notizia. Ora si prosegua con coraggio e lungimiranza.