di Anna Adamo
Sono sempre così i giorni post voto, divisi a metà dalle parole di vincitori e vinti. Che poi, la verità, è che non esistono i vincitori e neanche i vinti. Esistono gli sconfitti a metà e sono loro, che piaccia o no, i veri protagonisti. Del resto, vincenti non lo si è mai del tutto, c’è sempre la sconfitta a fare concorrenza e viceversa, soprattutto quando si parla di elezioni e di politica. E ci vuole coraggio per parlare di politica, soprattutto al giorno d’oggi.
Ci vuole coraggio soprattutto per parlarne ai giovani. Ed è questo il problema.
Quello che manca
Il problema è che manca il coraggio. Manca il coraggio di mettere in atto una politica vera, in cui i cittadini e i loro problemi siano protagonisti e non spettatori.
Una politica che i giovani li metta al centro offrendo loro prospettive future e consentendo a chi vuole di restare nel proprio paese d’origine e di non dover per forza recarsi altrove per cercare fortuna. A pochi giorni dalla bocciatura del Referendum sulla Giustizia, è giusto parlare di astensionismo, perché, inutile negarlo, è stato più forte che mai.
Ma, sarebbe altrettanto giusto chiedersi per quale motivo si sia verificato, tale astensionismo. Sarebbe giusto chiedersi per quale motivo la gente non sia andata a votare.
Per quale motivo i giovani non abbiano sentito l’ esigenza di fare qualcosa per apportare un cambiamento al proprio paese. Ridurre il tutto al fatto che si votasse un solo giorno, per giunta in una calda domenica di giugno, non è affatto una giustificazione, può essere solo un contorno di quelli che sono i reali motivi.
La politica, purtroppo, non conferisce ai cittadini ragioni per credere in essa, ed è da qui che l’astensionismo deriva.
Sarebbe, quindi, opportuno dare ai cittadini motivi per credere nella politica ed evitare che, quanto accaduto in questa tornata elettorale, si verifichi ancora, invece di piangere sul latte versato come sta avvenendo in questi giorni.