Guardavo. Seguivo. Leggevo le notizie battute dalle agenzie.
E mi chiedevo: ma Letta?
Così passivo, Così silenzioso.
Voleva Conte come punto di riferimento dei riformisti, lo lodava perché grazie a lui si era raggiunta “l’unità del PD”, lo coccolava manco fosse un redivivo Alcide De Gasperi.
E ora? Che ne sarà di quest’amore sbocciato ma mai del tutto consumato?
Il buon Enrico ci aveva provato a far rinsavire Conte con una sottile minaccia “o con Draghi o si vota”. Purtroppo, però, non aveva fatto i conti con la “base” grillina.
Avete presente la base grillina? Dovendo raffigurare la base del M5S in video e audio, gli potremmo attribuire un tono di voce sempre incazzato e urlante e il volto di Beppe Grillo.
Come Letta di sia potuto fidare di una roba del genere è un mistero. La base urlante per esistere necessita di un nemico, attualmente individuato in Mario Draghi. Letta, invece, al contrario, da senso a se stesso nella sua speranza di pacificare tutti. Anche gli impacificabili.
Voleva tenere insieme Conte e Calenda. Poi voleva tenere insieme Conte e Renzi. Poi voleva far fare la pace a Conte e Di Maio.
Il risultato è stato che a tener la mano a Conte è rimasto soltanto lui.
Non ha toccato palla nell’elezione del Presidente della Repubblica, non si è fatto sentire a sostegno di Mario Draghi, ogni sua dichiarazione lascia lo stesso tempo che trova. Impalpabile.
La tattica di Letta è oramai evidente. Punta sull’autodistruzione altrui.
All’incontro scuola-famiglia i professori direbbero: “è bravo ma non si applica”.
Un osservatore attento