di Anna Adamo
Mattia era un quindicenne come gli altri, intelligente e sensibile, forse anche troppo sensibile, al punto da sentirsi diverso e non compreso. E si sa, il peso dell’ incomprensione non è affatto facile da reggere, infatti Mattia non lo ha retto e si è tolto la vita in un parco della provincia di Cagliari.
Emanuela, la madre, è straziata e ha espresso tutto il suo dolore in un post sui social.
“Mattia – dice- ci ha scritto di essere morto a sei anni, per farci capire che il suo tormento avesse origini lontane. In seconda media qualcosa nel nobile animo del nostro bambino si è spezzato. Non sappiamo cosa sia successo, forse l’ esclusione dalla gita scolastica o l’essersi, per l’ ennesima volta, sentito tradito da quegli adulti che avrebbero dovuto guidarlo. Si sentiva solo, aveva anche disinstallato WhatsApp, perché nessun amico lo chiamava mai e la scuola era per lui un posto in cui si sentiva etichettato. Abbiamo prenotato una visita con un neuropsichiatra infantile e messo al corrente la scuola del disagio che il mio bambino provava, ma nulla,lo psichiatra lo ha abbandonato nel momento in cui, forse, aveva più bisogno di cure e la scuola ha, fin dal primo momento, mostrato totale indifferenza”.
Una tragedia
Quelle di Emanuela, sono parole che mettono i brividi, perché non solo racchiudono l’indescrivibile dolore che solo un genitore può provare per la morte di un figlio, ma mettono anche in risalto le pecche di questa società in cui, se non ci si omologa alla massa, si corre il rischio di essere tagliati fuori, di non essere presi in considerazione.
Inammissibile è, poi, nel caso di Mattia, l’indifferenza della scuola. Impossibile anche solo pensare che, chi della formazione dei ragazzi debba occuparsi, abbia fatto finta di nulla.
Non si dica che di certe cose debbano occuparsi i genitori, perché non è affatto così, o almeno, non è così per tutto, a maggior ragione quando a far provare condizioni di disagio ad un ragazzo è proprio la scuola.
In un caso come quello che ha visto protagonista Mattia, sarebbe dovuta entrare in gioco la “sinergia scuola – famiglia” di cui tanto si parla. Invece no, come spesso accade,a prevalere è stata l’ indifferenza, il voler prendere la strada più semplice, quella che consiste nel comportarci come se alcune cose non ci riguardassero. A dir poco assurda, come decisione, soprattutto se si pensa al fatto che, con un minimo di attenzione in più, il ragazzo si sarebbe potuto salvare.
Ma, ormai è tardi.
É tardi per dire cosa si sarebbe potuto fare per evitare che una tale tragedia avvenisse. Del resto, è normale che qualcosa per evitare che le cose avvengano si possa fare, il problema è che tra il dire e il fare c’è di mezzo il mare e noi lasciamo sempre sia il mare a vincere.
Quel mare che ha fatto si Mattia venisse strappato alla vita troppo in fretta, a causa dell’indifferenza e dell’incapacità di aiutarlo di chi avrebbe dovuto prendersi cura di lui.
Nulla lo riporterà in vita, ma una cosa è certa, parlare di quello che gli è accaduto è doveroso per far si che si comprenda quanto subdola sia la società in cui viviamo e soprattutto per far si che a nessun altro tocchi la sua stessa sorte.