Imporre un tetto ai costi energetici non è soltanto una questione morale alimentata da necessità globali dovute alle speculazioni del mercato, ma anche e soprattutto una maniera intuitiva per deviare l’acqua dal mulino della guerra. In Italia la questione del rincaro energetico, con la conseguenza di bollette impazzite che stanno portando sul lastrico famiglie e imprese, sta raggiungendo limiti inaccettabili che necessitano l’intervento energico del governo. Purtroppo, però, stando in campagna elettorale, l’Italia è penalizzata due volte: da una parte ha un governo dimissionario ancora in carica per prassi, e dall’altra i fiumi della propaganda politica stanno inquinando i veri problemi di un Paese che fatica anche solo ad immaginare come si riscalderà il prossimo inverno. Intanto il ministro dell’economia Franco, intervenuto al Forum Ambrosetti, è stato chiaro: “riscrivere il Pnrr è impensabile, significherebbe bloccarlo…”; “abbiamo già speso 52 mld di euro per il caro energia, e l’inverno non sarà affatto semplice…”.
Parole non certo confortanti quelle di Daniele Franco, che non lasciano spazio ad interpretazioni fantasiose. “La guerra in Ucraina – ha esordito Gianni Lepre, opinionista economico del Tg2 – ha messo in luce la fragilità energetica del pianeta, legato e imbavagliato ai produttori ed ai commercianti di materie prime. In Italia poi il discorso assume toni noir se consideriamo il fatto che siamo stati capaci di svendere i nostri prodotti per poi doverli comprare fuori”.
Il noto economista ha poi continuato: “Giunti a questo punto la questione energetica con le bollette triplicate e l’enorme danno al Sistema Paese erano inevitabili anche se la guerra non centra nulla con i rincari, anzi, al massimo potrebbe esserne uno dei pretesti”. “Lo status quo – ha poi aggiunto Lepre che tra le altre cose è presidente della Commissione Reti e Distretti Produttivi di ODCEC Napoli – impone non solo un accordo continentale sul tetto al prezzo dell’energia, ma coinvolge il governo, chiunque esca vincitore dalle elezioni del 25 settembre, nell’affrontare in modo energico il nodo inflazione, divenuto ormai stagflazione, visto il perdurare delle congiunture geopolitiche negative”.
Il prof. Lepre ha poi concluso: “il nuovo esecutivo torni ad occuparsi in primo luogo delle imprese, quelle piccole che sono e restano l’ossatura industriale del nostro Paese, la mangiatoia d’Italia per intenderci, che non può e non deve essere messa in discussione a causa di rocambolesche speculazioni. Non sono d’accordo con il ministro Franco che sostiene che il Pnrr non è modificabile a causa di meccanismi che poi ne bloccherebbero l’erogazione. Il Piano va modificato per forza di cose essendo mutato il contesto storico oltre che industriale; va spogliato di fronzoli, mancette e oboli a politica e industria, e va concentrato in primis per garantire agli Italiani un inverno sereno, e poi per colmare definitivamente il gap nord sud, altro nodo imprescindibile del Recovery Fund. Vanno poi fatti degli investimenti mirati a calmierare i costi, magari mediante obblighi legislativi che sfaldino i prezzi e li riportino ai livelli accettabili di mercato. Lo Stato, invece di generare altro debito pubblico con scostamenti di bilancio, ha a disposizione oltre 200 mld l’anno di sprechi della PA per poter agire in questo senso. Lo faccia, ne va della nostra economia, e di conseguenza della tenuta sociale”.