Il direttore de ‘La Stampa’, Massimo Giannini, con un post ‘fascista è chi fascista lo fa’ si rende protagonista dell’ennesimo scivolone su Giorgia Meloni.
Abbandonato l’equilibrio che lo ha sempre caratterizzato si è impegnato, più di altri, in questa campagna elettorale per alimentare la narrazione della ‘Meloni fascista’. Una roba illogica.
Nell’ultima uscita rimprovera al leader di Fratelli d’Italia, che ha lanciato un appello di buonsenso sulla sicurezza ai suoi comizi, una postura che ricorda ‘un passato che non passa’. Poi ha aggiunto che il suo partito “è discendete diretto del fascismo”.
Argomentazioni fuori dai tempi, lontane dalla logica. Con questo stesso ragionamento bisognerebbe chiedere conto al Partito Democratico, agli alleati di sinistra, di fare i conti con la tradizione comunista. Con una tradizione illiberale, giustizialista e caratterizzata da anni di finanziamenti illeciti provenienti dalla Russia. Con questa logica bisognerebbe chiedere ai salotti radical chic di interrogarsi sulla storia della sinistra italiana, sui legami mai chiariti con i regimi dittatoriali.
Con questa logica bisognerebbe ricordare a tanti che ‘comunista è chi da comunista ragiona’.
Non e’ il caso nel 2022. Meglio sarebbe guardare al Paese, alle scelte del futuro. Alla serietà del personale politico.
