di Angelo Giubileo
In democrazia la sovranità appartiene al popolo. Ieri in Italia, un ciclo politico di settant’anni, circa tre quarti di secolo, si è definitivamente chiuso. Con la vittoria elettorale di Fratelli d’Italia, la “democrazia dell’alternanza” è ora un fatto reale.
Ciriaco De Mita diceva che all’inizio della sua attività politica avrebbe potuto prendere parte sia con la Democrazia cristiana che con il Partito comunista, perché entrambi partiti “popolari” (S. Rea, “Si fa presto a dire sinistra. Storia di Ciriaco De Mita dalla Magna Grecia a Palazzo Chigi”). E cioè partiti, entrambi, che statutariamente si proponevano di assumere la cura degli interessi del popolo. Evidentemente in contrasto con gli interessi di altre parti che oggi chiamiamo piuttosto “elites” e che nel corso del processo di globalizzazione hanno sostenuto e agevolato gli interessi particolari, per l’appunto, dei potentati finanziari internazionali.
Con l’avvento dell’Unità d’Italia, le “elites” erano costituite dai “notabilati”, che, progressivamente, avevano sostituito e sostituirono al potere e al governo i “nobili” o “aristocrazie” degli antichi feudi, mediante la stipula di patti gentilizi (dal latino gentes) o consortili, comunque basati su un reciproco scambio o una reciproca condivisione di comuni interessi.
Una sorta di sistema, che definirei di “feudalesimo eterno”, rafforzato da un altrettanto antichissima pratica comunemente definita clientelare (dal latino clientes).
Negli ultimi trent’anni, questo modello di sistema ha caratterizzato la maggior parte dell’azione della burocrazia (dal francese bureau ovvero ufficio) europea di Bruxelles e Strasburgo, e pertanto replicato a cascata sui diversi territori degli Stati membri dell’UE, mediante l’impiego d’ingentissimi finanziamenti economici e commerciali.
Siffatto modello economico-finanziario – alla distanza, e cioè nell’arco di trent’anni, un periodo che nell’ambito della teoria del ciclo economico è definito “medio” – mostra ora enormi limiti. Per diverse ragioni, e prima tra tutte la mancanza di un progetto politico che possa dirsi davvero “democratico” (dal greco demos) e cioè sostenuto dalla volontà del popolo. Altro che l'”agenda Draghi”.
Inoltre, occorre considerare che gli Stati-membri hanno sempre esercitato in ambito UE, ciascuno per proprio conto, la propria sovranità, attraverso meccanismi di composizione di interessi diversi, che con il passare del tempo, all’emergenza delle crisi che si sono succedute, si sono rivelati sempre più inadeguati e comunque insufficienti.
In estrema sintesi, il sistema nel suo complesso ha finito con il contrapporre “elites” e “masse” indistinte di gentes e clientes, in misura differenziata e crescente, allargando sempre più il divario del potere. Al punto che molti addetti ai lavori hanno parlato di fine della politica e trionfo della finanza, quale massima espressione della tecnica.
Ma, peraltro come la storia sempre insegna, è accaduto nuovamente che “il vento soffia dove vuole e ne senti la voce”. E così, il vento e con esso la voce del popolo (Avanti popolo!) è ritornata a farsi sentire, mediante il voto complessivo di un’intera nazione che da tempo aspettava di esprimere il proprio verdetto.