di ANGELO GIUBILEO
Il 20 novembre prossimo si elegge il Presidente dell’ente Provincia di Salerno, che regolarmente resterà in carica per quattro anni, e quindi fino all’ottobre 2026. Si tratta di un’elezione cosiddetta di secondo livello, in quanto la scelta sarà fatta dalla maggior parte dei sindaci e dei consiglieri comunali attualmente in carica sul territorio provinciale.
Il centrosinistra ha candidato il sindaco di Capaccio-Paestum, Franco Alfieri, che dovrà vedersela con il candidato scelto dal centrodestra, Sonia Alfano, sindaco di San Cipriano Picentino. Le previsioni dell’elezione sono tutte a favore di Franco Alfieri, il quale – all’atto ufficiale della presentazione da parte degli schieramenti politici che ne supportano la candidatura – non ha taciuto ma anzi ha sottolineato il favore del pronostico che lo vede prossimo Presidente della Provincia di Salerno.
Quel che è certo è che Franco Alfieri ha dalla propria parte una lunga militanza politica, che inizia nel corso della Prima Repubblica, allorquando all’età di non ancora 20 anni viene eletto Consigliere comunale di Torchiara, comune del Cilento di cui diventerà Sindaco appena tre anni dopo.
Ma, senza fare ulteriori riferimenti al suo curriculum politico, ciò che qui vogliamo piuttosto evidenziare è la parabola attuale di un politico che nasce “democristiano” e – una volta eletto alla carica di Presidente della Provincia di Salerno – terminerà il suo mandato di rappresentanza apicale di un ente territoriale oltre la scadenza del mandato degli attuali vertici della Regione, nella persona di Vincenzo De Luca ex “comunista”, e del Comune capoluogo, nella persona di Vincenzo Napoli ex “socialista”.
Posto che le cose possono sempre accadere in modo diverso dalle previsioni, ricordo tuttavia che era il 28 giugno del 1983, esattamente 2 anni prima dell’inizio della carriera dell’attuale sindaco di Capaccio-Paestum, subito dopo le elezioni politiche che portarono il Pci a un passo dal superare la Dc, che Luigi Pintor, allora direttore del Manifesto, esclamò: “Non moriremo democristiani”. Cosa questa di cui, dopo la duplice elezione di Sergio Mattarella alla più alta carica dello Stato, è senz’altro lecito dubitare. Così come è lecito dubitare che “morire democristiani” non sia una scelta del tutto sbagliata.