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15 Novembre 2024

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Per un nuovo ordinamento professionale della PA

di Angelo Giubileo

In merito all’organizzazione della P. A., il d. lgs. n. 165 del 30 marzo 2001 (G.U. n. 106/2001 suppl. ord. N. 112) – noto altresì come Testo Unico del Pubblico Impiego (TUPI) – viene adottato in attuazione della legge n. 241 del 7 agosto 1990. La citata legge era stata emanata al fine di realizzare gli obiettivi già indicati nell’art. 1 del d.lgs n. 29 del 1993, come modificato dall’art. 1 del d.lgs n. 80 del 1998 e in fine come recepiti dall’art. 1 T.U.P.I.: a) accrescere l’efficienza delle amministrazioni in relazione a quella dei corrispondenti uffici e servizi dei Paesi dell’Unione europea, anche mediante il coordinato sviluppo di sistemi informativi pubblici; b) razionalizzare il costo del lavoro pubblico, contenendo la spesa complessiva per il personale, diretta e indiretta, entro i vincoli di finanza pubblica; c) realizzare la migliore utilizzazione delle risorse umane nelle pubbliche amministrazioni, curando la formazione e lo sviluppo professionale dei dipendenti, garantendo pari opportunità’ alle lavoratrici ed ai lavoratori e applicando condizioni uniformi rispetto a quelle del lavoro privato.

Per quanto qui espressamente riportato alla lettera c), necessitava dunque armonizzare il combinato disposto dell’art. 97 comma 1 della Costituzione, della legge 241/90 e del d. lgs. 165/2001 citati con la previsione della categoria dei “quadri” di cui all’art. 2095 comma 1 cod.civ.: “prestatori di lavoro subordinato si distinguono in dirigentiquadriimpiegati e operai”. In estrema sintesi occorreva e ancora occorre armonizzare e condividere la disciplina del lavoro privato con la disciplina del lavoro pubblico e in particolare prevedere anche in ambito pubblico, come per i “quadri” nel settore privato, l’istituzione di un’area professionale intermedia tra l’area dirigenziale e non.

Considerato che la Corte di Cassazione ha ritenuto inapplicabile la disposizione suddetta del codice civile al pubblico impiego, il tentativo di armonizzare le diverse discipline avrebbe potuto concretizzarsi in base alla specifica previsione della legge (Frattini) n. 145/2002 sulla Vicedirigenza, ma il dispositivo di questa legge non ha mai trovato attuazione da parte della contrattazione collettiva. In particolare, a causa della specifica opposizione delle rappresentanze sindacali dei lavoratori.

Altro tentativo, ancora più flebile, è stato avanzato con la proposta di riforma della dirigenza in base alla previsione della legge (Madia) n. 142/2015. Nel caso, abbiamo assistito alla scadenza dei termini per l’adozione dello specifico decreto di attuazione.

Nonostante siano passati oltre vent’anni ormai dall’entrata in vigore del T.U.P.I., per quanto attiene alla contrattazione collettiva, il decreto legislativo in questione all’art. 40, comma 2 prevede espressamente la possibilità di istituire spazi contrattuali per dipendenti non dirigenti che svolgono compiti o incarichi assumendosi “elevate responsabilità”. 

Si tratta senz’altro di una previsione generica, ma che è servita come base di riferimento, essendo ancora pienamente valida ed efficace, all’introduzione nel frattempo della previsione di cui all’art. 1 comma 93 della legge (di Stabilità) n. 205 del 27 dicembre 2017. Nello specifico, si tratta di una norma settoriale che prevede la possibilità per le Agenzie Fiscali di “istituire posizioni organizzative per lo svolgimento di incarichi di elevata responsabilità, alta professionalità o particolare specializzazione, ivi compresa la responsabilità di uffici operativi di livello non dirigenziale…”.

Mancava tuttavia ancora una previsione-tipo ovvero una tipizzazione delle categorie o figure lavorative non dirigenziali di “elevata responsabilità” o “alta professionalità” o “particolare specializzazione”. E questo almeno fino a quando è stato sottoscritto il CCNL FUNZIONE PUBBLICA lo scorso 9 maggio 2022. Laddove, in particolare l’art. 13 comma 1 stabilisce che: “Il sistema di classificazione del personale, improntato a criteri di flessibilità funzionali alle esigenze proprie dei differenti modelli organizzativi presenti nel comparto, è articolato in quattro aree, che corrispondono a quattro differenti livelli di conoscenze, abilità e competenze professionali: 

Area degli operatori 

Area degli assistenti 

Area dei funzionari 

Area delle elevate professionalità”.

Nell’intero ordinamento del Pubblico Impiego, in base alla contrattazione collettiva viene quindi introdotta per la prima volta, nel pieno rispetto dell’art. 52 d. lgs. 165/2001 in ordine alla disciplina mansionistica dei lavoratori, la previsione di un’“area delle elevate professionalità” (EP) e quindi lo svolgimento di una prestazione corrispondente retribuita con una specifica indennità di posizione organizzativa, eventualmente in aggiunta a una retribuzione di risultato, una RIA e incentivi alla mobilità. L’intera e specifica disciplina contrattualistica – oltre naturalmente a fissare un preciso orientamento e indirizzo in ordine alla fase di apertura della stagione contrattualistica di settore – fornisce in definitiva criteri specifici per le contrattazioni collettive che faranno seguito negli altri comparti pubblici. 

In linea con quanto allora vanamente tentato con la previsione legislativa della Vicedirigenza, la previsione contrattuale in ambito di Funzione Pubblica della nuova area delle Elevate Professionalità prevede innanzitutto – quale requisito di accesso al ruolo – il possesso di una laurea magistrale, normalmente accompagnata da un’esperienza funzionale specialistica o di responsabilità già acquisita e tale anche da richiedere l’iscrizione ad albi professionali.

Per quanto concerne la declaratoria dell’Area, l’art. 16 comma 1 e 2 CCNL FP stabilisce che deve trattarsi di “incarichi ad elevata autonomia e responsabilità che si configurano quale elemento sostanziale dell’appartenenza all’Area. Le responsabilità connesse agli incarichi possono avere prevalente contenuto gestionale ovvero, nel caso in cui sia richiesta l’iscrizione ad albi professionali, prevalente contenuto professionale. In ogni caso, essi sono conferiti su posizioni di elevata responsabilità, con elevata autonomia decisionale, previamente individuate dalle amministrazioni, in base alle proprie esigenze organizzative”.

Quanto ai requisiti professionali, l’esercizio del ruolo e della funzione prevede conoscenze elevate e specialistiche, una capacità di lavoro gestionale sia autonoma che organizzativa, ma soprattutto la responsabilità di unità organizzative fiduciarie o attribuite per espressa delega del dirigente.

Dopo inutili e vani tentativi, è forse giunto il tempo in cui anche nella P.A. sia finalmente dato impulso e sviluppo a un sistema basato sulla produzione e sul merito dei lavoratori, in linea con gli obiettivi normativi indicati trent’anni orsono. 

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