Chissa’ cosa ha pensato quell’altro. Quello (Ronaldo) che se n’e’ andato dal campo in lacrime dopo aver vissuto per tre quarti in panchina le ultime due partite ai Mondiali della sua carriera. E che ha dovuto assistere al trionfo del suo rivale di sempre. Al quale, invece, nei giorni ormai lontani della sconfitta, nella prima partita qatarina, dell’Argentina contro l’Arabia Saudita, guardava con una certa altezzosita’; convinto che l’epoca della Pulce fosse al tramonto mentre la sua, di Cristiano Ronaldo, padrone assoluto del Portogallo, avrebbe vissuto a Doha la sua epifani’a. Il calcio invece, come la vita, ha piu’ fantasia dei programmi umani. Ed ecco che la Pulce ha fin qui vissuto il miglior Mondiale della sua scintillante carriera; e per contro, Cristiano e’ davanti alla tv a interrogarsi su quale potra’ essere il suo futuro prossimo; e soprattutto se ci sara’ un futuro degno di tal nome. Tutto merito di Messi? O almeno: cosa o chi hanno permesso al 10 argentino di vivere una serata come quella di ieri contro la malcapitata Croazia, da cui e’ emerso che oggi, con buona pace dei nobili emergenti come Mbappe’ e degli acrobati brasiliani, il re del calcio mondiale e’ ancora lui? Il punto sta proprio in cosa, soprattutto durante i Mondiali, Leo e’ stato diverso rispetto a Cristiano. Diversa soprattutto la sua scelta principale. Mentre Cristiano, da anni ormai, mal sopporta che il fluire del tempo abbia limitato la sua esplosivita’ e l’essere il terminale offensivo perfetto per ogni organizzazione di gioco, dall’altro Leo si e’ presentato a questo Mondiale con in testa un altro schema: quello di essere il padre nobile di una squadra con immense potenzialita’ ma con il gusto dell’autocompiacimento dietro l’angolo.