Basta, è il tempo di costruire la pace.
Nella guerra in Ucraina i morti sono circa 200 mila. Si, due centomila. Milioni sono i feriti, intere città sono distrutte. Ci vorranno decenni per ricostruire tutto, qualcuno si arrischierà, la povera gente resterà povera gente. Su tutti e due i fronti, ogni giorno, scorrono fiumi di sangue. Una tragedia senza fine.
E sarà senza fine fino a quando sarà debole la via diplomatica e consistente l’invio di armi.
Qualche giorno fa il Capo di Stato Maggiore delle Forze Armate Usa, Mark Milley, ha detto al Financial Times che nessuno dei due Paesi può vincere la guerra. Si andrà, insomma, avanti ad oltranza.
Il conflitto non può e non deve continuare eppure invocare soluzioni diverse dall’invio di armi a Kiev, promuovere una riflessione che coinvolga questa ultima e Mosca, è considerato blasfemo. È bestemmiatore andare contro corrente rispetto al ‘pensiero unico’ che vede Zelensky un eroe senza peccato, un simbolo a prescindere, un Capo di Stato che non si può giudicare.
Il Presidente ucraino oggi sta difendendo il suo popolo dall’invasione russa e dalla prepotenza di Putin ma alcuni errori sono stati commessi. Negli anni passati, subito dopo la sua elezione, e nelle fasi che hanno anticipato l’invasione.
Al netto degli errori dell’uno, quei pochi di Zelensky, e degli orrori di PUTIN è il tempo di deporre le armi e cercare soluzione diversa. La comunità internazionale, l’Europa più di altri, deve spingere in questa direzione perché i due, da soli, non hanno voglia ed intenzione
Con lui hanno sbagliato l’Europa e gli stessi Stati Uniti perché la logica di avvicinamento all’Europa, costruita in contrapposizione a Mosca, è stata letta come una minaccia, una provocazione che poteva essere evitata. Legittimi i desiderata di Kiev ma andavano, probabilmente, costruiti parlando anche con Putin. Perché? Perché la storia della ‘geopolitica mondiale’ queste regole le ha stabilite negli anni. Solo quelle che l’Italia ha, con le dovute differenze, applicate negli anni ottanta in Africa e prima ancora quelle americane nei rapporti con Cuba e non solo.
Al netto degli errori dell’uno, quei pochi di Zelensky, e degli orrori dell’altro, è il tempo di deporre le armi e cercare soluzione diversa. La comunità internazionale, l’Europa più di altri, deve spingere in questa direzione perché i due, da soli, non hanno voglia ed intenzione.
Oggi Zelensky registra che il suo popolo è sottoposto a forti sofferenze e rischia il genocidio ed allora, lui per primo, dovrebbe immaginare qualche concessione al nemico soprattutto se il nemico è più forte. L’Ucraina che ha ragioni da vendere dovrebbe aprire qualche canale diplomatico o consentire che altri lo facciano.
Sostenere queste tesi, ed è quello che l’opinione pubblica non vuole accettare, non significa giustificare Mosca, non significa scegliere Putin o far finta di nulla rispetto alla furia cieca ed alla violenza che ha scatenato.
Sostenere queste tesi servirebbe a determinare le condizioni per una soluzione diplomatica. Perché questa avvenga non si può immaginare di arrivare al tavolo con ‘Zelensky eroe’, sostenuto dall’Europa e gli Usa, e Putin ‘macellaio’. No, cosi non si arriverà da nessuna parte.
E’il tempo di scatenare la diplomazia, con tutte le sue vie, di costruire compromessi possibili che non coincidono (e la storia lo insegna) con quelli giusti, di scegliere mediatori e non screditarli. Non è più il tempo di fare processi a chi ha idee e soluzioni diverse
La comunità internazionale deve avere chiara l’idea della invasione ma anche ‘le colpe’, con tanto di virgolette, di Zelensky, deve ricordare che Putin, fino a qualche anno fa, era considerato – dal consesso mondiale, interlocutore autorevole. I Grandi del Mondo devono impedire che si cristallizzi la rottura dell’Occidente con la Russia e lasciare quest’ultima nelle braccia di Pechino.
In questa direzione, in Europa, sta lavorando solo Silvio Berlusconi. Demonizzarlo un errore. Serve creare condizioni di partenza diverse per arrivare, senza armi e fermando i morti, alla pace.
E’il tempo di scatenare la diplomazia, con tutte le sue vie, di costruire compromessi possibili che non coincidono (e la storia lo insegna) con quelli giusti, di scegliere mediatori e non screditarli. Non è più il tempo di fare processi a chi ha idee e soluzioni diverse.