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14 Novembre 2024

Chi siamo

Pd al bivio, speriamo che se la cavi

di Pino De Martino

Al netto di brogli (vedi Caserta), di guerra dei sondaggi e di fraticidi tra correnti, il congresso del Pd rischia di dividere ancor di più un partito dominato da oligarchi e cacicchi. Brutta notizia per la democrazia, checché se ne pensi: essa è tanto più solida quanto più bilanciati sono i poteri e le rappresentanze dei cittadini. C’è quindi da sperare per il meglio e che alla fine se la cavi.

Fin qui però i vertici del partito orfano di un leader hanno preferito ancora una volta mettere il confronto sul braccio di ferro tra correnti, piuttosto che dibattere, anche duramente, sui temi, sul quale modello di sinistra puntare da qui in avanti. Un’onesta autocritica li avrebbe portati ad affrontare gli errori fin qui commessi. Uno su tutti, l’ utopia di poter rappresentare in un unico soggetto le maggiori culture politiche del novecento: quella socialista e quella cattolica, (fagocitate attraverso Tangentopoli) ma anche quella liberale e ambientalista. Un’aspirazione totalitaria che è finita col rendere il Pd un partito senz’anima, senza identità. Un coacervo d’istanze, senza priorità. Come se non ci fossero tematiche urgenti e pressante su cui puntare e una vocazione, quella della sinistra, a rappresentare gli ultimi, i ceti meno abbienti, la modernizzazione, la mancanza di lavoro, il Sud. Ma con un unico collante: la gestione del potere (vocazione maggioritaria). E con la presunzione di poter stare sempre sempre dalla parte giusta, sia che ci si confrontasse sul piano culturale, sia su quello etico, della legalità e del diritto. Nonostante i gravi scivoloni giudiziari presi da molti militanti eccellenti.

Se vince la Schlein

Ora si al bivio. Qualsiasi strada gli elettori sceglieranno porterà inevitabilmente ad una frattura. Della cui entità e portata è difficile oggi prevedere. Un’eventuale vittoria di Elly Schlein sposterebbe il Pd a sinistra, soprattutto sulle battaglie civili, e riallaccerebbe i rapporti non solo con Sinistra Italiana e Verdi ma soprattutto con il Movimento 5 Stelle di Giuseppe Conte. Per dirla con il sociologo Luca Rcolfi, “il Pd diventa – in questo caso – esplicitamente un partito radicale di massa, concentrato su diritti civili, migranti, con una spruzzatina di ambientalismo”. Ma attenzione, però, perché un successo, inatteso, di Schlein provocherebbe un terremoto nel partito con la concreta ipotesi di scissione di una fetta di sostenitori di Bonaccini, forse anche lo stesso presidente dell’Emilia Romagna. Sicuramente buona parte di Base Riformista se ne andrebbe, a partire dall’ex ministro della Difesa e presidente del Copasir Lorenzo Guerini (ma anche alcuni amministratori locali come il sindaco di Firenze Dario Nardella). Una scissione verso il centro, per costruire un nuovo polo moderato e riformista insieme a Carlo Calenda, Matteo Renzi e probabilmente anche Più Europa.

Se vince Bonaccini

Se invece al traguardo arriva meglio Stefano Bonaccini il Pd diventa un partito riformista, difficilmente distinguibile dal Terzo Polo. Una specie di partito di Matteo Renzi, ma senza Renzi.

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