E’ significativa la scelta di Elly Schlein, leader del Pd, di incontrare i leader della famiglia socialista europea. A Bruxelles incontri con Pedro Sanchez, Sanna Marin e Antonio Costa. Il Partito Democratico non ha mai creduto ‘realmente’ nella opzione socialista, quella riformista e liberale. Ha coltivato la ‘suggestione’ europea senza mai fare i conti con la storia italiana.
Potrebbe essere la volta buona.
La Schlein non è, come capitava ai segretari del Nazareno fino ad oggi, figlia della cultura post comunista, non è una ex democristiana che deve accreditarsi nel campo della sinistra. Non ha, insomma, rottami ideologici da incastrare in questo secolo.
Può diventare la segretaria della scelta, della consacrazione, socialdemocratica. Decida, allora, di costruire ponti e non di dividere, lo faccia iniziando dai diritti civili, è il campo più difficile per unire. Scelga la tutela dei lavori, quelli nuovi ed anticipi, stia dalla parte delle imprese e del made in Italy, coniughi l’ambientalismo con la politica del fare. Scelga una linea di politica estera che tenga l’Italia nel Patto atlantico senza mai essere supina agli Usa, lavori per una Europa più forte.
A Bruxelles spenda, con i leader del Pse, una parola su Bettino Craxi. Lo faccia non per coltivare la nostalgia ma per ricucire le ferite della sinistra italiana, per ripatire dalla attualità dei ‘bisogni e meriti’, per ricordare lo spirito di collaborazione che portò alla revisione del Concordato, per immaginare politiche del lavoro che sappiano sfidare le anime più conservatrici del sindacato, per rivendicare un ruolo più forte dell’Italia nella politica estera. Lo faccia per non affrancare la sinistra dai temi della Giustizia e delle Grandi Riforme.
Riparta dal dialogo con quanti, la tradizione socialista, l’hanno difesa e custodita quando altri in Italia pensavano non fosse più alla moda.