I bambini non devono finire in carcere con le loro madri, non devono crescere e formarsi fra le sbarre. Era questo l’obiettivo, nobile, della proposta di legge Serracchiani per disciplinare il rapporto tra detenute madri e figli minori. In un Paese civile i bambini non devono ‘vivere prigionieri’ o ‘espiare pene’ e non servono sociologici e psicologi, esperti vari, per comprenderne i motivi. In un Paese civile non può’ esserci una culla in cella, neanche per un giorno. Eppure qualcuno ha difficoltà a capirlo.
Il Pd ha deciso di ritirare, in questi giorni, il disegno di legge, in discussione alla Camera, quando alcuni della maggioranza hanno introdotto misure restrittive.
La proposta mirava ad ampliare la tutela dei figli minori di genitori soggetti a una misura detentiva, attraverso l’esclusione del ricorso al carcere e la valorizzazione degli Istituti a ‘custodia attenuata’ per detenute madri. La proposta Dem escludeva la custodia cautelare in carcere della donna incinta o della madre di bimbi di età inferiore a 6 anni con lei convivente (ovvero del padre, qualora la madre sia deceduta o impossibilitata ad assistere i figli), fatta salva, laddove sussistano esigenze cautelari di eccezionali rilevanza, la possibilità di disporre o mantenere la custodia cautelare presso un istituto a ‘custodia attenuata’ per detenute madri.
Gli emendamenti presentati dal centrodestra e approvati in commissione, quelli che hanno indotto al ritiro del provvedimento, prevedevano il carcere per le madri in caso di recidiva e cancellavano il differimento della pena per le donne incinte o con un figlio che abbia meno di un anno. Di qui la decisione del Pd.
Si è persa una occasione per scrivere una pagina di civiltà. I bambini in carcere non ci debbono stare. Costi quel che costi.