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23 Novembre 2024

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Nell’Aprile del 45 quando Nenni pianse Mussolini ma…

C’è una circostanza che, più di altre, aiuta a capire la festa della Liberazione, con i suoi drammi e le sue vittorie. Un pomeriggio che racconta, e’ altro aspetto e non secondario, lo spirito che anima un socialista.

E’ il giorno della morte di Benito Mussolini, era il 28 Aprile del 1945. In quel giorno alla redazione dell’Avanti c’era Pietro Nenni. 

Il Duce ed il socialista si conoscevano da anni.

Entrambi romagnoli si conobbero probabilmente a Faenza nel 1910 ed a Forli’, negli anni successivi, furono vicini di casa. Rivoluzionari e antimonarchici furono in prima linea i protagonisti delle manifestazioni contro la guerra di Libia. Si racconta che furono Nenni e Mussolini ad immaginare di ostacolare, in tutti i modi, la partenza dei treni destinati a portare i soldati al fronte. Intervenne l’esercito, perché si erano sabotate le linee telefoniche e le ferrovie, ed il 14 ottobre del 1911– su indicazione del Governo Giolitti- furono arresati.

L’esperienza in carcere li avvicinò. Prima a Forlì e poi in cella insieme a Bologna i due divennero amici. Pietro Nenni, e sull’Avanti online lo ha raccontato benissimo tempo fa Francesco Marcelli, cosi commentava l’esperienza: “Il carcere avvicina, fortifica l’amicizia. Mussolini ed io passavamo qualche ora del giorno nella stessa cella, giocando alle carte, leggendo e facendo progetti per l’avvenire. Il nostro autore preferito era Sorel. Questo scrittore, col suo disprezzo per i compromessi parlamentari e per il riformismo, ci ammaliava”. Le mogli Rachele e Carmen spesso insieme andavano a trovarli in carcere. Carmen Nenni, ad Arrigo Petacco in ‘Storia bugiarda’, racconterà che Edda, figlia di Mussolini, chiamava Nenni ‘zio Pietro’.

Terminata l’esperienza in carcere e con lo scoppio della prima guerra Mondiale, entrambi al fronte, iniziarono ad allontanarsi. Il Duce, favorevole alla guerra, arrivò all’espulsione dal Psi, Pietro Nenni, che era contro l’intervento bellico, iniziò ad avvicinarsi agli ideali del Partito socialista. 

Finita la guerra Mussolini decise di istituire i fasci di combattimento ed avviò la stagione della lotta violenta, per Nenni erano posizioni ormai incomprensibili. Distanze incolmabili.

Nel gennaio del 1922, racconta Francesco Marcelli, probabilmente il loro ultimo incontro. Era la conferenza internazionale tra i rappresentanti delle potenze vincitrici della prima guerra mondiale a Cannes in Francia. Nenni era li come corrispondente dell’Avanti! e Mussolini era inviato per ‘Il Popolo d’Italia’. Passarono, terminati i lavori della conferenza, la serata a cena. Così Nenni su quell’incontro in Sei anni di guerra civile: “I due nottambuli parlavano del loro paese. Il destino li metteva per l’ultima volta l’uno davanti all’altro su di un piede di eguaglianza. Una vecchia amicizia, un’origine comune, molte battaglie combattute insieme; tale era il passato che li univa”.

Le strade si divisero poi di nuovo. E la storia è nota a tutti. Mussolini divenne il padrone dell’Italia, la marcia su Roma, la follia del regime. Pietro Nenni, in clandestinità, lottava nel Psi, prima nel Paese e poi dall’estero.

Indirettamente le strade, era inevitabile, destinate ad incrocisrsi ancora. Si racconta, ed e’ storia, che Mussolini salvò, in quegli anni, la vita a Pietro Nenni. Il socialista era in Francia per organizzare la Resistenza. L’8febbraio del 1943, rientrando a casa, venne ammanettato dalla Gestapo che lo condusse a Vichy e poi nel carcere di Parigi. Mussolini, e molti documenti lo hanno confermato, si fece consegnare Nenni dalla polizia tedesca per portarlo al sicuro in Italia, scavalcando le autorità naziste, mentendo ad esse, e disponendo, allo stesso tempo, direttamente il confino, a Ponza.

Carlo Silvestri, giornalista e storico, che incontrò con il Duce dichiarò che fu lui ad intervenire presso Hitler per salvarlo dai campi di concentramento. Nenni lo capì, apprezzò sempre, e nei suoi Diari scrisse che di frequente, in quei giorni drammatici, aveva pensato di telegrafare a Mussolini, chiedendogli di intervenire per salvare anche la figlia, Vittoria, che era prigioniera ad Auschwitz. Non lo fece perché ritenne non fosse la cosa giusta: non si poteva intervenire, scrivendo al nemico che aveva calpestato la democrazia, per salvare una vita in mezzo a migliaia di condannati a morte. 

Fu l’incubo della sua vita. “Se avessi telegrafato a Mussolini, sono sicuro che l’avrei salvata” scrisse negli successivi. La morte di Vittoria, racconterà Antonio Tedesco, fu “una tragedia umana che segnerà indelebilmente la vita del leader socialista”.

Sono questi incroci, sicuramente raccontati in maniera disordinata e facendo salti ‘sgraziati’ nella storia d’Italia, che aiutano ad inquadrare il contesto di quel drammatico pomeriggio del 28 aprile 1945 e lo strano rapporto fra due personaggi che la storia ha messo su sponde opposte. 

Quel pomeriggio Nenni era in redazione quando giunse la notizia della morte di Mussolini. Sandro Pertini, che era con lui, raccontò che “Nenni aveva gli occhi rossi, era molto commosso, ma volle ugualmente dettare il titolo”. Il direttore si chiuse nella sua stanza. Quando usci, con gli occhi ancora segnati dalle lacrime, dettò l’apertura della prima: ‘Giustizia è fatta’.

Era la cosa giusta. Piangeva l’amico, salutava (e ci aveva lavorato) il ritorno alla democrazia. 
Ecco, per leggere il 25 aprile è il caso di conoscere anche i diversi drammi. Non tutto era ed è cosi semplice. 

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