“Ad essere onesto, lo avevo solo sognato. E pensavo, guardando il momento del Calcio e le differenze tra alcune Leghe, che sarebbe stato difficile arrivare a un traguardo del genere”. Comincia così la lunga intervista alla Gazzetta dello Sport del presidente dell’Inter Steven Zhang, alla vigilia della finale di Champions League con il Manchester City. “L’Inter mi assorbe totalmente. Vivo con enorme intensità il club, ma non entro quasi mai negli aspetti tecnici o tattici riguardanti la squadra. Non ne parlo neanche con Inzaghi, di cui rispetto ogni scelta. Da presidente odio chi vuole insegnarmi come devo gestire il mio club e quindi non faccio lo stesso errore con i ruoli altrui”. A settembre Lukaku avrebbe predetto: ‘Presidente, mai dire mai, arriveremo in finale di Champions League’. “Si, ho sorriso pensando ‘è pazzo’. E invece aveva ragione”. E veniamo a Inzaghi… “Se Conte è stato il più ‘difficile’, Simone è il più semplice. Lui ha grandissime capacità di gestione e infonde una incredibile tranquillità. Inzaghi è stato un dono per me”. Guardiola “è un allenatore bravissimo capace di vincere ovunque sia stato, certamente sarebbe un piacere lavorare con lui, ma preferisco scegliere tecnici con esperienza della Serie A”. A inizio stagione, prima dell’acquisto di Acerbi, sotto la sede fu esposto uno striscione ‘Zhang vattene’. “I contestatori erano davvero un gruppo molto esiguo, e poi che il Calcio come la vita presenta degli up and down: ci sono fasi di problemi e fasi di gioia. Fa parte del gioco. Il lavoro di un presidente o di un Ceo è simile a quello di un allenatore: spesso si è soli, e va accettato”. Il City è la più forte squadra al mondo: “Rispetto profondamente il City, una squadra magnifica. Ma noi abbiamo la qualità per affrontarli. In questi anni, più è stata alta l’asticella del nostro avversario e meglio ci siamo comportati”. In campionato “É stato difficile tenere alta la concentrazione in tutte le competizioni. É subentrata la stanchezza, più mentale che fisica”. Passiamo agli aspetti finanziari. Il prestito di Oaktree: “Abbiamo intenzione di rinegoziare il prestito. Troveremo una soluzione insieme per il rifinanziamento”. “Finchè ci sarò io, ci sarà un’Inter stabile e competitiva”. Oggi ci sono tante proprietà straniere in Italia: Suning, gruppi Usa, Fondi. Ma la sensazione è che non ci sia ancora una grande integrazione con le proprietà italiane che consenta un cambio di passo in Lega e una modernizzazione del sistema. “Non è facile cambiare una mentalità. Serve tempo”. Sullo stadio: “C’è difficoltà ad accettare cose nuove e a cambiare passo. Inter e Milan sono due club in competizione ma con il medesimo obiettivo di crescita. Uno stadio in comune lo garantirebbe più di due impianti. L’idea dell’Inter è sempre stata questa. Il Milan invece ha cambiato 4 proprietà e altrettante idee”. Superlega: “La Superlega non aveva il giusto format però era un tentativo di innovare e cambiare. Utile soprattutto per i club italiani che erano indietro rispetto agli altri. Ma non volevamo entrare in conflitto con l’Uefa. E La Champions League resta oggi il miglior torneo possibile”. Ha dimostrato di saper scegliere i suoi tecnici: Pioli, Spalletti, Conte e ora Inzaghi: “Stefano mi ha dato le basi. A Spalletti sono molto legato perché ha tracciato un solco fatto di gioco, lavoro e risultati, riportando l’Inter in Champions League: un obiettivo fondamentale in quel momento. Con lui abbiamo avuto una delle migliori difese ed ho capito l’importanza di un grande reparto arretrato se si vuol vincere. Moratti disse che quando aveva cominciato a comprare i grandi difensori, allora aveva cominciato a vincere. Conte è un tecnico duro, di forte personalità, credo di non averlo mai visto felice, appagato o sorridere”.