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23 Dicembre 2024

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Nuovo patto sulle migrazioni e al mare l’ultima parola

di Valeria Torri

Lo scorso 9 giugno il Consiglio Giustizia e Affari Interni dell’Unione europea ha approvato un pacchetto di misure che modifica il funzionamento del sistema comune di asilo.  

Ungheria e Polonia hanno votato contro la proposta di compromesso della presidenza di turno svedese. Altri quattro paesi (Bulgaria, Malta, Lituania and Slovacchia) si sono astenuti. 

L’intesa è stata conclusa solo nel momento in cui un paese chiave come l’Italia ha dato il proprio consenso.

I negoziati si sono concentrati sulle responsabilità dei paesi di primo ingresso come l’Italia per la gestione delle procedure di asilo e il contrasto ai movimenti secondari, e su meccanismi di solidarietà per alleviare la pressione su questi paesi.

l’Italia e altri Stati mediterranei hanno ricevuto alcune aperture sul fronte della solidarietà, che però appaiono meno strutturali e più flessibili rispetto alle misure in materia di responsabilità. 

Tuttavia, il patto siglato il 9 giugno, che i paesi europei hanno celebrato come un grande passo avanti nell’ottica della solidarietà, appare, in realtà, come l’ennesimo tentativo di alcuni di loro di chiudersi alla realtà di un fenomeno inarrestabile e all’evidenza che l’emergenza richiami responsabilità a livello europeo. Un ulteriore passo verso l’erosione del diritto d’asilo perché l’accesso ad una procedura equa di protezione sarà sempre più difficile per le persone in fuga. Un totale svuotamento dei principi di solidarietà, responsabilità e rispetto dei diritti umani che sono alla base del sistema comune europeo di asilo. L’ennesimo tentativo di governanti miopi che non riescono a guardare alla migrazione con occhi diversi, come a un fenomeno inarrestabile da integrare invece che respingere.

Questo significa, in definitiva, che il problema resterà, per la maggior parte, a carico dell’Italia, della Grecia, della Spagna e di Malta, paesi sui quali graverà maggiormente l’onere della gestione dell’emergenza.

Francesca Napoli, giurista esperta di diritto e immigrazione, in un recente articolo su La Stampa, ha spiegato quale sarà l’esito di questo “grande patto”: uomini, donne e bambini trattenuti per mesi in ghetti alle frontiere d’Europa in attesa che le loro domande di asilo vengano esaminate attraverso procedure accelerate e sempre meno garantiste dei diritti fondamentali. 

“Denuncio abusi e violazioni, racconto storie di persone, immigrazione, diritti umani, razzismo”, così si legge sul suo profilo Instagram. 

Grazie all’avvocato Napoli, volti e storie di rifugiati sono diventati virali in Italia, anche per merito del suo seguitissimo account Instagram @storiedallaltromondo.

Nel suo ultimo post, Napoli ha pubblicato il suo commento sulle agghiaccianti dichiarazioni di chi ha vissuto di persona l’ultima tragedia annunciata in mare:

“Sento che questa sarà la nostra ultima notte in vita”

Queste le parole pronunciate da un uomo che era a bordo del peschereccio che si è capovolto al largo della Grecia nella notte di mercoledì, all’attivista Nawal Soufi poco prima della tragedia.

Dopo poco l’imbarcazione si è capovolta ed è colata a picco portando con sè centinaia di esseri umani.

I sopravvissuti sono 104, tutti uomini dai 16 ai 40 anni.

A bordo, secondo le loro testimonianze, vi erano circa 750 persone.

Le donne e i bambini erano stati collocati all’interno, per essere più riparati.

Durante il naufragio quello che era un rifugio si è trasformato in una trappola.

“Ho visto persone scioccate, congelate, persone salvate dal quasi annegamento […]
Ho visto solo uomini e nessuna donna. Le donne ei bambini erano nel ponte inferiore [..]
Le possibilità di trovarli vivi sono scarse”.
Queste le parole di un soccorritore.

Recuperare i corpi sarà quasi impossibile dato che la profondità del mare in quel tratto è di quasi 5.000 mt.

Non è un incidente ma una strage annunciata.

Le autorità erano a conoscenza dell’emergenza dal giorno prima.

Lo testimonia la fotografia scattata dall’alto che immortala centinaia di persone con le braccia verso l’aria invocando aiuto.

Tutti sapevano di un peschereccio carico di persone egiziane, pakistane, siriane e palestinesi in fuga dalla Libia.

Navigavano da 5 giorni, senza più acqua nè cibo.

A bordo vi erano già 6 morti, di cui due bambini, a causa della disidratazione.

Le autorità greche sostengono che l’imbarcazione non fosse in difficoltà.

Ma come è possibile che dopo decine di migliaia di morti nel Mediterraneo ancora non ci di renda conto che un’imbarcazione fatiscente, stipata all’inverosimile di esseri umani, è già di per sè una situazione di pericolo per cui bisogna intervenire con la massima urgenza???

Diciamo le cose come stanno: sono scelte politiche, omicidi di Stato.

Riposate in pace, fratelli e sorelle.”

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