Il governo centrale sta concretamente pensando ad estendere la Zes, Zona Economica Speciale, a tutto il Meridione d’Italia venendo così incontro non solo alle richieste di comunità e istituzioni territoriali, ma apportando una rivoluzione epocale nell’ambito del Sistema produttivo del nostro Paese.
Il concetto di Zes, almeno all’origine, comportava l’individuazione di una regione geografica dotata di una legislazione economica differente dalla legislazione in atto nella nazione di appartenenza. In queste aree è garantita la possibilità di derogare dalle leggi vigenti nell’ambito delle ordinarie politiche nazionali, con vantaggi fiscali e produttivi enormi rispetto al resto delle aree geografiche.
In effetti, e sempre in virtù delle norme, le zone economiche speciali sono state istituite al fine di favorire la nascita e l’implementazione di nuove iniziative imprenditoriali di micro, piccole, medie e grandi imprese, nazionali ed estere, nonché il reshoring delle imprese che in passato hanno delocalizzato all’estero proprie attività produttive. In realtà la Zes già copre il Mezzogiorno d’Italia, il problema però è che riguarda le zone retroportuali e non l’intero territorio geografico, che, ricordiamo, al sud è anche montano, preappenninico attualmente gestito da Parchi e Comunità Montane. “La Zes è finalizzata a creare le condizioni per attrarre grandi investimenti industriali e logistici, incrementando l’occupazione produttiva in un ambito fortemente innovativo e strategico – esordisce Gianni Lepre, economista e consigliere del ministro della Cultura Sangiuliano – non a caso le zone individuate sono quasi tutte retroportuali, o almeno nell’adiacenza della via d’acqua”. Il noto economista poi spiega: “Nel Mezzogiorno d’Italia l’infrastruttura è carente, il trasporto su gomma o su rotaia non è adeguato ai tempi, allora il legislatore ha pensato di preferire il trasporto via mare, da qui l’individuazione delle zone di competenza”. “Poi però – ha sottolineato il prof. Lepre – si sono accorti che non bastava immaginare delle zone ben precise, ma bisognava estendere l’intero territorio alla legislazione speciale, in modo da permettere a tutti di sfruttare i vantaggi fiscali e produttivi di un status zes. Dopotutto anche in relazione alle aree ASI o a quelle PIP il discorso era simile, per cui l’aggiornamento della cosiddetta ‘zona speciale’ deve poter prevedere l’estensione ad altre aree con la medesima vocazione industriale ma che magari non sono in prossimità del mare, ne di corsi d’acqua, ma in zone montane con altre vocazioni e indirizzi produttivi, ma altrettanto importanti da promuovere”. Il prof. Lepre che tra l’altro è anche presidente della Commissione Reti e Distretti Produttivi di ODCEC Napoli ha poi concluso: “Un’allargamento dell’attuale concetto di Zes a tutti i territori del Sud Italia sarebbe una panacea assoluta garantendo produttività e detassazione in un Paese la cui pressione fiscale corre veloce verso il 45%. Il Sistema Paese ha bisogno di questo, come ha bisogno di annullare il gap Nord-Sud e una zes in tal senso è un ponte stabile e sicuro sul burrone della recessione”.