di Luigi Mazzella
Graecia capta ferum victorem cepit è un aforisma d’autore e Orazio vi esprime, una verità incontrovertibile: i Greci fecero conoscere le arti agli abitanti dell’agreste Lazio e li conquistarono con la cultura.
Il merito degli aforismi è quello di rappresentare la verità in modo icastico e incisivo, ma non sempre ciò che vi si afferma ha un valore positivo e desiderabile.
Oggi, parafrasando Orazio, si può dire, senza tema di essere smentiti (a causa della molteplicità degli eventi succedutisi in circa ottanta anni di cosiddetta “pace”), che il “fascismo sconfitto duramente dagli Alleati nel 1945 ha conquistato le fiere democrazie occidentali vincitrici della seconda guerra mondiale”.
Naturalmente, la cosa per un individuo attento al modo di pensare (rectius: di “credere” “non pensando”) degli Occidentali, non ha rappresentato una sorpresa.
In un contesto umano e sociale, caratterizzato dallo scontro incrociato di assolutismi religiosi e politici, ugualmente astratti e tendenti all’autoritarismo più subdolo e imperioso, prevale chi si dimostra più intransigente nell’intolleranza verso le idee altrui.
Difatti, se le verità asserite sono ritenute incontrovertibili e rivelate da Dio (per esempio, quello immaginato dai cristiani) si contrappongono a quelle considerate di analoga natura degli ebrei e degli islamici; se sono dichiarate “sacrosante” le pretese di un popolo o di una collettività di condurre, rispettivamente, altre popolazioni (chiaramente meno amate da Dio) verso il benessere nazionale o i diseredati della Terra verso l’uguaglianza vale il detto: “contro la forza, la ragion non vale”.
Una verità ritenuta tale per fede religiosa o per fanatismo politico è ritenuta incompatibile con ogni altra e, per chi vi crede, va fatta prevalere “costi quel che costi”!
In tale situazione, è condannato alla sterilità e all’oblio l’aforisma falsamente(?) attribuito a Voltaire: “Non condivido le tue idee ma difenderò fino alla morte il tuo diritto a esprimerle”.
Due recenti eventi italiani dimostrano che quanto siè detto vale soprattutto e specialmente se si tratta di idee di cui i fascisti, divenuti governanti e spinti, dalla sete di potere, al compromesso intellettuale e operativo, si vergognano.
Nell’Italia della “pulzella” Meloni, questa circostanza di pubblica ipocrisia, si è già verificata, infatti, per ben due volte:
a) il responsabile della comunicazione istituzionale della Regione Lazio, tal De Angeli, ha espresso la sua opinione di non condividere una sentenza della Cassazione, ritenendo non responsabili della strage di Bologna Mambro, Fioravante e Ciavardini a suo tempo difesi a spada tratta dai “camerati” dell’epoca del partito neo-fascista;
b) il comandante dell’Istituto Geografico Militare, generale Roberto Vannacci (tre lauree magistrali da ritenere, per l’opinione dominante, inutilmente conseguite, e sei lingue fluentemente parlate per dire le cose che pensa) ha ripetuto, in un libro (divenuto, immediatamente, un best-seller) le sue idee: le medesime con cui, da sempre, i neo-fascisti, virilisti orgogliosi, sbeffeggiano impunemente gli omosessuali.
Così va il mondo nell’Occidente delle verità assolute, astratte e incontrovertibili! E dell’ipocrisia, regola sovrana di vita.