“Dobbiamo investire sulla prevenzione della violenza contro le donne. Ogni reato e’ di per se’ una sconfitta per lo Stato che non ha saputo impedirlo. E questo tipo di reati e’ una sconfitta collettiva”. Così il ministro della Giustizia, Carlo Nordio, al “Sole 24 Ore”, alla vigilia della sua audizione oggi in Senato, garantendo l’impegno a lavorare su tutti i fronti.
“Perché ‘ la storia drammatica di Giulia e Filippo ci deve far riflettere: Giulia potrebbe essere la figlia di ciascuno di noi, ma anche Filippo. E se vogliamo che davvero sia l’ultima vittima, dobbiamo occuparci delle une e degli altri”. Delle tre ‘p’ della Convenzione di Istanbul – prevenzione, protezione e punizione – e’ in effetti la prima a mancare di piu’. “I segnali di allarme – spiega – sono molti e li conosciamo bene. Con il vademecum che stiamo progettando al ministero e che sara’ diffuso in ogni luogo, dalle universita’ ai posti di lavoro alle scuole secondarie, vogliamo contribuire a un’educazione costituzionale al rispetto. L’obiettivo e’ spiegare in parole semplici quando allarmarsi e come reagire, ma anche diffondere la conoscenza delle parole del diritto. Vogliamo spiegare, ad esempio, quando si tratta di stalking e non di un semplice interesse. Di fronte ai segnali di allarme e’ bene confidarsi, come ha detto anche il papa’ di Giulia”.
“Le strutture – prosegue – esistono e sono efficaci. L’opuscolo servira’ a informare anche su questo”. Oggi e’ atteso in Senato il si’ definitivo al Ddl del Governo contro la violenza sulle donne: “Si tratta di norme volute per migliorare il quadro esistente agendo sul tempo e sul rischio: fare presto e saper valutare l’effettivo pericolo, per cercare di evitare la spirale di violenza. In questa prospettiva vanno inseriti gli interventi per accelerare la risposta di giustizia e poi sicuramente rendere piu’ efficace l’utilizzo del braccialetto elettronico o strumenti come l’ammonimento del questore e il potenziamento delle misure di prevenzione. E’ nostro dovere cercare di impedire il degenerare della violenza”. Quanto al linguaggio, anche degli atti giudiziari: “L’Italia, purtroppo, e’ stata condannata dalla Cedu per le espressioni di alcune sentenze, considerate motivo di vittimizzazione secondaria per la donna. Questo non deve piu’ accadere e in questa direzione le istituzioni, ministero della Giustizia, Csm, Scuola superiore della magistratura devono sempre piu’ camminare insieme, in spirito di leale collaborazione. Uno dei focus dell’Osservatorio permanente istituito al ministero, insieme col Csm, e’ proprio il linguaggio: sta avviando un lavoro che mira a rafforzare la formazione degli operatori a un uso corretto e consapevole”.
“Un atto – conclude il Guardasigilli – puo’ essere perfetto in punta di diritto, ma ferire una vittima. Dai ragazzi fino ai giudici, occorre lavorare sulle parole. Chi parla bene, pensa bene”.