Il garbo di Paolo Graldi nel giornalismo italiano
di Valeria Torri
Paolo Graldi, giornalista, già direttore del Messaggero e del Mattino, è morto a Roma nella notte tra venerdì e sabato scorsi all’età di 81 anni. I funerali martedì 2 gennaio presso la Chiesa di San Salvatore in Lauro nella Capitale.
Nato a Bologna il 27 maggio del 1942, ha lavorato come inviato e caporedattore al Corriere della Sera, poi al fianco di Sergio Zavoli ed Enzo Biagi, colonna di molti loro programmi televisivi, ed è stato Consigliere d’amministrazione dell’ANSA.
Una vita dedicata interamente al giornalismo, spesa tra carta stampata e tv, da cronista a direttore.
Con passione, competenza e professionalità, Graldi ha raccontato negli anni ’70 e ’80 i principali fatti di mafia e di terrorismo fino ad arrivare alla guida dei due tra i più importanti quotidiani italiani distinguendosi come Direttore anche per la sua signorilità.
Il collega Stefano Folli lo ha definito un gentiluomo del giornalismo: «Amò fare il direttore, di due giornali, ma non abbandonò mai la curiosità, l’interesse per chi poteva insegnargli qualcosa in più del mestiere. Non era presuntuoso o supponente: accoglieva ogni evento con lo stupore un po’ infantile di chi si compiaceva con sé stesso per la bella avventura che si trovava a vivere».
Graldi inizia la sua carriera molto giovane. Nel 1975 Piero Ottone lo chiama al Corriere della Sera dove si occupa di terrorismo e mafia e diventa capo dell’edizione romana del quotidiano.
Poi si sposta al Mattino di Napoli, dove diventa vicedirettore con Sergio Zavoli, con il quale aveva lavorato anche in programmi Rai come La notte della Repubblica e Viaggio intorno al mondo.
Dal racconto dello stesso Paolo Graldi: «Ne La notte della Repubblica le domande erano aperte, mentre ora, nelle interviste, le domande contengono sempre la risposta. Allora si lavorava per aggiungere qualcosa che non si sapeva. Per preparare le interviste ai 56 terroristi, ci sono voluti due anni. Si partiva dalle indagini sulle persone e sui documenti da cui poi si ricavava il cosiddetto domandiere, ovvero la prima bozza di domande che poi venivano asciugate».
Nel 1994 diventa direttore del Mattino, poi nel 2001 direttore del Messaggero.
Sempre in tv collabora a quasi tutte le trasmissioni di Enzo Biagi, firma la sceneggiatura di alcuni film tv per Rai Parlamento. Per La7 firma la serie biennale di Effetto domino.
Numerose le trasmissioni radiofoniche dirette e condotte da lui per la Rai.
Ha ricevuto il Premio Ischia internazionale di giornalismo, riconoscimento conferito ai giornalisti che, nell’arco della propria carriera, si sono distinti per professionalità e deontologia.
Le parole che scelse per ricordare il collega Andrea Purgatori, scomparso prematuramente il 19 luglio 2023, sono indicative della sua straordinaria capacità di raccontare i fatti rendendoli visibili al lettore: «Ha segnato un metodo di lavoro: prendeva le immagini e le nutriva di parole. Geniale, coraggioso, vulcanico, infaticabile. Era un ricercatore di verità. La miglior versione possibile della verità. Grande fumatore, un ironico che diventava non di rado sarcastico: amava le stilettate dialettiche. Creava empatia con chi lo ascoltava, imponeva l’attenzione sui temi che spiegava e il suo stile diceva: “Attenzione, qui non stiamo giocando”. E per farlo aveva una dote: una memoria di ferro, e sui dettagli. Poteva leggere la pagina di un verbale ed era in grado di ripeterla un attimo dopo senza rileggerla. Andrea era il dubbio laico, il rigore della ricostruzione. La notizia veniva sempre prima di lui. Era uno che non amava apparire. E anche all’ultimo non ha voluto essere lui la notizia».
A ricordare Graldi innumerevoli messaggi dalle Istituzioni e dai colleghi e amici. Attraverso le loro parole si raccolgono le doti umane e professionali del giornalista che ha lasciato un segno distintivo e un insegnamento per le generazioni future.
Alcuni ricordi dei colleghi:
«Era gentile con i giovani, Enzo Biagi mi diceva: Paolo Graldi è un fuoriclasse». Clemente Mimum
«Nel nostro mestiere sapevi fare tutto, al meglio: il Direttore, il cronista, l’autore di programmi televisivi che hanno fatto la storia del servizio pubblico. Chi ha avuto il privilegio di conoscerti ricorderà il garbo, la saggezza, e la tua forza tranquilla». Donato Bendicenti
«Se ne va un protagonista del giornalismo italiano, un grande appassionato di Roma, punto di riferimento per tanti suoi colleghi e colleghe». Myrta Merlino
«Grande e prode collega, compagno insostituibile di tante vicende della nostra vita». Antonio Ferrari
Dalle Istituzioni parole di profonda stima:
«Con Paolo Graldi se ne va un bravissimo giornalista sempre attento ai cambiamenti e un analista politico di grande acume. L’ho conosciuto bene da collega e mi sono confrontato con lui da politico». Antonio Tajani Vicepremier e Ministro degli Esteri
«Con Paolo Graldi se ne va un modo di fare giornalismo che dovrebbe essere d’insegnamento a chi si accosta alla professione: analisi dei fatti, rigorosa aderenza a ciò che accade e capacità di coltivare il dubbio. Il Graldi cronista e il grande inviato mi ha insegnato questo». Giorgio Mulè Vicepresidente della Camera
«Lo ricordo quando giunse a Roma alla direzione del Messaggero e si aprì subito a un colloquio a trecentosessanta gradi con tutte le realtà politiche ed istituzionali della città». Maurizio Gasparri Senatore
«Un gentiluomo nella vita e nella professione. Paolo Graldi è stato il giornalismo italiano. Preciso. Acuto. Ironico. Mai banale e mai aggressivo. Serio e non serioso. Aveva classe, garbo e intelligenza. Perdiamo un fine maestro di giornalismo e uno sguardo attento e illuminato». Anna Maria Bernini Ministro dell’Università e della Ricerca